Micarelli: "Giampaolo è un fuoriclasse. Con lui condivido due aneddoti molto belli"

Le parole del collaboratore tecnico del tecnico giallorosso
Qualche aneddoto con lui
Ci sono tanti aneddoti su di lui. Io mi tengo stretto la promozione con l'Ascoli, che arriva a preparazione iniziata, e la scopriamo grazie ai clacson che i tifosi stavano suonando in città; così come la prima partita, un Ascoli-Milan giocato sotto un violento temporale. Poi ci sono state partite svolta, sia positivamente che negativamente. Ma quello che mi piace dire è che abbiamo lavorato sempre con onestà e cerchiamo di andare da tutte le parti a testa alta.
La sua esperienza al Milan
Premetto che ero e sono ancora milanista. Quella esperienza è arrivata a conclusione di un bel percorso con la Sampdoria. Però, è durata troppo poco e faccio fatica a capire il perchè: non si sono incastrate delle tessere e resta una ferita, perchè abbiamo fatto solo sette partite. Nonostante questo, ho visto un club top, sia nelle strutture che nei dipendenti. Poi, di tutto quello che è capitato durante quel periodo non voglio parlarne molto.
Il punto di riferimento nel calcio quando ha iniziato
Io avevo come idolo Maradona, anche se lui non era un calciatore come tutti gli altri, ma quasi una divinità. Da allenatore, invece, Arrigo Sacchi è stato quello che, quando stavo iniziando, aveva sequestrato la mente del 90% degli allenatori italiani. Lavoravo nel settore giovanile del Tolentino, ma avevo già quell'idea di calcio.
Mi ricordo che nelle giovanili giocavamo a zona: alcune volte prendevamo anche delle imbarcate, ma se devo dire un nome, penso subito a Sacchi. A seguire metto Zeman, e in questo caso ho avuto anche la fortuna di andare a vedere il suo metodo di lavoro per una settimana.

Cosa serve per avere successo in questo lavoro
Passione, dedizione, studio, fatica. Altrimenti non puoi concederti al calcio. Quando uno inizia ovviamente ha ambizioni importanti, poi è il campo a dire quanto vali: io ho fatto milioni di chilometri a studiare e vedere allenatori, per cercare di migliorare e avere quante più conoscenze possibili.
Ho fatto tanta gavetta, ho avuto anche qualche esperienza da allenatore dei portieri, anche se non ho mai fatto il portiere, per rimanere dentro uno staff tecnico. Ma il tema della gavetta vale per tutti i mestieri.
Il legame con il Tolentino
Ho fatto cinque anni nel settore giovanile, grazie a Claudio Pellegrini, una persona che devo ringraziare. E poi lì ho trovato un dirigente che è stato tra i più bravi di tutti quelli incontrati nella mia carriera, Carlo Perragli, responsabile del settore giovanile che purtroppo ora non c'è più. Lui ha creduto in me anche quando a 25 anni facevo giocare gli allievi a zona. Quando il Tolentino arrivò poi in C2, mi affidò anche la Berretti.
Il motto che lo ha accompagnato durante la carriera
E' una frase che per tanti anni ho sperato fosse vera, e poi si è rivelata tale. Mi piace declinarla in catalano, perchè Barcellona è una delle poche cose che mi fa perdere obiettività e lucidità: “Il calcio restituisce quello che gli dai”.
E' una frase che il Barcellona mette sulle t-shirt dopo la Champions del 2011. I catalani avevano vinto la Champions sia nel 2009 (a Roma, partita che ho visto dal vivo) che nel 2011 (a Wembley) contro lo United.
Nell'edizione del 2011, il Barcellona arriva a quella finale dopo 4 partite contro il Real di Mourinho in 18 giorni. Mourinho è un genio della comunicazione: ricordo che la semifinale di ritorno tra Barcellona e Inter nel 2010 non l'ho vista perchè non ero pronto ad un tale stress emotivo.
Il suo rapporto con i social
I social pesano tanto sui calciatori. Chi gestisce i calciatori deve avere anche una persona dedicata alla sua gestione sotto questo punto di vista. Noi alleniamo giocatori che sono quasi tutti digitali, e il rapporto con loro cambia completamente, perchè hai di fronte gente che passa parte del suo tempo a fare delle cose che da ragazzo te non hai fatto mai.
Questa problematica non riguarda solo il mondo del calcio e bisogna fare i conti a 360°. Quindi è bene che nel calcio i social vengano controllati non solo da chi gestisce il calciatore, ma anche dallo stesso club. Personalmente ho usato per un po' di tempo un social che è gestito da uno dei padroni del mondo.
L'ho abbandonato perchè per leggere una cosa seria ne dovevo vedere cento così e così, e per questo l'ho abbandonato. Ma sono comunque attento ai risvolti che il social crea, ma guardo questo mondo da fuori.