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Richieste, non minacce. Simone Inzaghi, in una deposizione definita dagli inquirenti come «lunga (oltre un’ora), esauriente e serena», ha fatto chiarezza in qualità di persona informata sui fatti circa le intercettazioni telefoniche che lo hanno visto protagonista con Marco Ferdico, all’epoca dei fatti responsabile della Curva Nord. L’incontro con gli investigatori della Squadra Mobile non è avvenuto in via Fatebenefratelli, ma in una sede più decentrata, per riparare l’allenatore dell’Inter dall’assedio mediatico visto l’eco che ha provocato l’inchiesta.

L'intercettazione telefonica

Al centro del colloquio l’intercettazione telefonica in cui Ferdico nel maggio 2023 gli chiedeva di intercedere per ottenere più biglietti in vista della finale di Istanbul, dopo che la Curva aveva scioperato per il primo quarto d’ora nella finale di Coppa Italia a Roma con la Fiorentina, mostrando cosa sarebbe potuto succedere nella finale di Champions, appuntamento storico per l’Inter. «“C’è bisogno di qualche biglietto in più” (l’allenatore ha sottolineato la differenza che c’è tra avere 800 tifosi che cantano contro 1.500, ndr). Ho detto alla dirigenza, ma non ricordo a chi, la richiesta di Ferdico. Poi gli ho scritto che aveva fatto quello che dovevo fare». Questo perché «il mio desiderio era che ci fossero i tifosi a incitare la squadra nella finale». Inzaghi ha inoltre precisato di non aver subito minacce, né di essersi sentito intimidito e ha detto di non conoscere Bellocco: «Di Bellocco ho saputo chi fosse dopo aver letto i giornali, so chi è Beretta, ma non non ho mai avuto rapporti con lui».

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