Tete Morente: la storia, le curiosità, le statistiche raccontate come mai nessuno aveva osato
L'esterno tutto cuore e dribbling che vuole archiviare la discontinuità
José Antonio Morente Oliva nasce il 4 Dicembre 1996 a La Linea de La Concepcion, comune andaluso affacciato sul confine con Gibilterra. Vive con la sua famiglia nel quartiere La Atunara, famoso per la pesca – come suggerisce il nome – del tonno.
Comincia a tirare i calci ad un pallone molto presto - a 4 anni, spinto dal nonno, tifosissimo del Real Madrid - nell’Atletico Zabal, società dilettantistica giovanile del suo paese natale, con la quale non ha mai interrotto i rapporti e presso la quale va a ritrovare chi lo ha fatto crescere e lo ha reso un calciatore nel pieno della sua consapevolezza.
Per lo Zabal ha un affetto speciale e talmente importante da spingerlo a farsi un tatuaggio di lui da bambino che gioca con il suo club dei primordi. E’ di fatto un modo per ringraziare il club per la sua formazione come giocatore e come persona.
All’età di quasi 12 anni lascia casa per la prima volta per andare al Villarreal. Galeotto è un torneo in Andalusia con una squadra di Cadice. Il piccolo Josè si muove bene, si mette in mostra e viene subito selezionato. E’ uno step per il quale i suoi genitori sono totalmente contrari, all'inizio.
Non volevano che me ne andassi. Ma ho detto loro che se un giorno non fossi diventato un calciatore o non avessi lottato per diventarlo, glielo avrei rinfacciato. E mi hanno detto che se fossi stato chiaro nelle mie intenzioni, sarei andato avanti. È stata un’esperienza molto bella, ma anche molto dura. Vedevo i miei genitori ogni mese e mezzo. Essendo così piccolo e abituato a stare con loro, ho passato un periodo difficile. Non è tutto così bello come sembra. Ho pianto molto per la loro mancanza. Ma ciò mi ha reso più forte anche come calciatore e come persona. Sapevo che sarebbe stata molto dura, ma penso di aver preso la decisione giusta. Purtroppo si è conclusa prima del previsto. Ma fare un passo indietro è stato indispensabile per farne poi due in avanti
confessa Tete, il cui soprannome è dovuto ad un appellativo pronunciato dapprima da sua sorella. ‘A Cadice non è normale chiamare tuo fratello "Tete", ma lei mi ha sempre chiamato così. Ho iniziato a giocare a calcio e il nomignolo Tete è rimasto’.