Caduta e ascesa dell'Unione Sportiva Lecce: dalla doppia retrocessione a modello
Dalla doppia retrocessione agli anni nefasti della C, per poi tornare su e diventare un modello di società sostenibile
In un lungo post del direttore del Corriere dello Sport, Xavier Jacobelli ha elogiato il Lecce ed il suo presidente riassumendo tutto ciò che è in cantiere nel futuro della società giallorossa.
Dal restyling profondissimo dello stadio, alla nuova copertura, senza poi dimenticare la costruzione del primo centro sportivo di proprietà nella storia del club alla corsa alla terza salvezza di fila. Per Jacobelli, il Lecce è nel pieno di “una fase davvero storica”.
Ma prima di tutto ciò. Prima della copertura, del “Collare d'Oro al merito sportivo”, del nuovo maxi schermo, di M908, del Lecce store, delle plusvalenze, dei nuovi soci “internazionali”, delle amichevoli internazionali e di tutto ciò che stiamo vivendo ora, la società è caduta.
Una caduta brusca. Violenta. Una società di Serie A che passa dal San Siro ai campi polverosi di Serie C. Se stiamo vivendo ora questa fase storica, fatta di successi ed elogi, non dobbiamo dimenticarci da dove arriviamo e cosa abbiamo passato.
La caduta
Era il 13 maggio 2012, quando il Lecce giocava la sua ultima partita in Serie A al Marcantonio Bentegodi contro il Chievo Verona prima dell'amara doppia retrocessione che avrebbe portato i giallorossi all'inferno.
A pagare la conseguenza della presunta combine del derby Bari-Lecce, fu la società giallorossa, declassata in Lega Pro, serie che mancava dall'annata 95-96.
Ad acquistare il club dai Semeraro fu la famiglia Tesoro. La speranza era di tornare presto nel calcio che conta. Ma quella speranza andò via via facendosi sempre più flebile come la passione verso i colori giallorossi di molti tifosi.