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I rimpianti di D'Aversa

Parlando del suo atteggiamento nei confronti dei genitori, D'Aversa parla di alcuni episodi in cui avrebbe potuto incontrare i suoi genitori, ma per lavoro ha scelto altro:

Non mi perdono quando lo scorso anno, dopo la partita a Frosinone, non sono andato da loro a Pescara. Avevamo pareggiato, era un periodo complicato per il mio Lecce. 

I miei collaboratori me lo ripetevano: ‘Vai dai tuoi, vai a trovarli’. Ma alla fine ho scelto di tornare a Lecce.


In quel periodo così difficile sono andato soltanto due volte da loro. E se ci ripenso, mi vergogno. 

Quando guardo quella situazione dall’esterno, credo che mia madre sappia quanto bene io le voglia. E questo mi fa vergognare ancora di più per il mio comportamento, per i sacrifici che hanno fatto. 

Sono sicuro che loro siano orgogliosi di me: quando giocavo, non volevo che lei venisse allo stadio, ero preoccupato per gli insulti che avrebbe sentito. 

Ma ho sempre cercato di dare qualcosa indietro e in cambio.
Il lavoro dell’allenatore è dominante. È una figura totalizzante. Che ti toglie il fiato. 

La mia attenzione è tutta lì, ho un difetto gigantesco: essere testardo. 

Come quando non ho ascoltato le voci di chi mi suggeriva di andare da loro, a Pescara, che da Frosinone non era poi così lontana.

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