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Le esperienze da calciatore a Lecce e a Venezia

Con il Lecce ti sei salvato, come vedi la squadra attuale a confronto con il tuo Lecce che si salvò?

Sono periodi diversi, penso che il nostro periodo storico fosse qualitativamente migliore ed era più difficile far punti perché trovavamo squadre più attrezzate. 

E' difficile fare un paragone, ma basta guardare anche la nazionale italiana e una mezza verità c’è. C’è un motivo per cui non siamo andati ai mondiali, no? 

Probabilmente c’è una carenza di qualità generale e ciò porta le squadre piccole a fare risultati anche in campi impensabili. Ora è più semplice giocarsela con squadre di caratura. Ora è possibile vedere il Lecce che va a Milano e può fare risultato se fa una partita buona, cosa che ai miei tempi era più complicato vista la qualità dei giocatori.

Parlando della tua esperienza a Venezia, in un anno pieno di infortuni, cosa ti è rimasto di positivo?

E' stato il mio ultimo anno e forse il peggiore perché ero martoriato dai problemi alla caviglia e poi ho dovuto smettere.

Non è stato un anno positivo per me, però, il ricordo è di un gruppo unito e di una squadra che aveva una buona qualità e degli obiettivi diversi dalla salvezza, che poi arrivò a qualche giornata dalla fine. L’obiettivo era quello di arrivare in zona play-off; non ci riuscimmo, un po’ per infortuni di giocatori importanti, un po’ perché fu un’annata storta. 

La squadra non legò mai con la piazza, c’era poca gente allo stadio, iniziava ad esserci qualche problema societario, quindi economico, ed è stato un anno un po’ “balordo”. Però il ricordo è positivo, di un gruppo sano. 

Tra l’altro c’era anche Zaccagni, al primo anno in prima squadra, e tra le sfortune degli infortuni riuscì a ritagliarsi uno spazio quasi sempre da titolare in quella squadra.

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