Per
un mese senza il boato e la carica dei tifosi a fare da corollario alle partite di calcio, immerse in un
silenzio “
assordante”: un cambiamento che può trasformare la sfida in un qualcosa di surreale con
inevitabili riflessi anche sui giocatori. "
Però qui stiamo parlando di professionisti, che dovrebbe essere in grado di gestire questo tipo di situazioni" sottolinea a
TuttoSport Tiziano Agostini, docente di Psicologia dello Sport all’Università di Trieste.
Dottor Agostini, ci sono giocatori avvantaggiati o penalizzati dalle partite a porte chiuse?
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Dividerei i calciatori in tre categorie: quelli che, indipendentemente dal pubblico, raggiungono una prestazione ottimale, quelli che hanno bisogno della presenza del pubblico per avere una prestazione migliore e giocatori che, in alcune circostanze, risentono negativamente della presenza pubblico. In genere, i professionisti sono in grado di dare il meglio di sè con o senza pubblico. Poi dipende dalla caratteristiche individuali, dalle sensibilità maggiore o minore di qualcuno".
Come si prepara una partita a porte chiuse?
"Secondo me assume un ruolo importante la parte mediatica, quello che si legge e si ascolta in tv in vista della partita: il modo di vivere il pre gara è un elemento cognitivo che può avere un peso".
Sarebbe meglio per il giocatore non ascoltare e non leggere nulla?
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I campioni tendono a evitare di ascoltare e leggere per essere più sereni nell’affrontare la gara, poi ci sono i fuoriclasse che possono rafforzare il loro carattere leggendo quello che si scrive su di loro, mentre altri preferiscono essere più distaccati rispetto a quello che si dice su di loro. Per i giocatori l’importante è mantenere un equilibrio, pertanto le informazioni che possono interferire e modificare lo stato mentale vanno allontanate".