Gotti: tu le chiami soluzioni, io la chiamo agonia
Dopo la partita contro il Bologna c'è amarezza per come la squadra ha provato a portare a casa un pareggio risicato
Diciamocelo francamente: questo Lecce di Luca Gotti ha stancato. Questo continuo vorrei ma non posso. Questo ciondolare in mezzo al campo in attesa che l'asteroide crei il solco tra la nostra porta e gli avversari per impedire loro di avvicinarsi. Una vera e propria agonia. Un accanimento terapeutico. Un gioco sadico.
Un po' ce lo aspettavamo questo epilogo a Bologna. Sinceramente. Dopo aver letto la formazione ci era venuto il dubbio per un istante che stesse facendo il 4-4-1-1 con Pierotti dietro la punta, ma poi ci siamo detti che non avrebbe abbandonato il 4-3-3 e quindi abbiamo capito che Dorgu avrebbe fatto la mezz'ala. A piede invertito… cioè stiamo parlando dell'apoteosi della filosofia gottiana.
Parliamoci francamente: Dorgu potrebbe anche avere nelle sue corde quel ruolo, ma non era il momento di assegnarglielo. In questo momento la squadra ha bisogno di certezze, di ripartire dalle cose buone che hanno già funzionato. Di non cambiare continuamente interpreti, ruoli, moduli, sport!
La posizione di Dorgu la interpreto come un'offesa. Nei confronti del calciatore, a cui sta facendo fare qualsiasi cosa senza nessun criterio logico; ai compagni di reparto, che si vedono scavalcati continuamente; ai compagni in generale, disorientati da queste scelte; al direttore sportivo, che ha provato a dare un senso logico al mercato e invece si ritrova tutti che fanno tutto e altri che non fanno niente; alla Proprietà, che ha un patrimonio da salvaguardare e lo sta vedendo depauperarsi giornata dopo giornata.
Gotti è entrato in un tunnel che non ha fine, ma che sta cominciando a stringersi sempre di più. Una caduta libera che nemmeno negli sport più estremi. Fare le cose semplici anziché filosofeggiare dovrebbe essere alla base di scelte da fare nei momenti con più difficoltà. Ed invece più le cose si fanno complicate e più fa scelte complicate.
Il Lecce deve ripartire da quello che era: una squadra corta, alta, aggressiva. Punto. Niente filosofie diverse, soprattutto ostinarsi a perseguirle quando non portano risultati.
Forse sono stato l'unico giornalista, o tra i pochi, ad aver apprezzato il silenzio stampa alla vigilia della partita. Perché è un'offesa anche ascoltare che non sa che ruolo abbia Pierotti, quanti minuti abbiano Pelmard e Jean, che non ha trovato ancora le misure tra i reparti. Sembra che voglia trovare la pietra filosofale, ma deve solo allenare una squadra di calcio. Ci riescono tutti, anche alcuni Campioni del Mondo del 2006, seppure con estrema difficoltà.
Ora ditemi che la squadra non è valida. Ci sono 8 squadre in 3 punti, tra queste pure il Como. Continuate a dire che noi siamo scarsi rispetto agli altri. Allora spiegatemi questa classifica e perché la spaccatura tra noi e le altre concorrenti per la salvezza non è una forbice di 10-15 punti. Spiegatemelo oppure spiegatevelo.