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Saremmo bugiardi se vi dicessimo che a fine partita non abbiamo dato una sguardo (fugace) alla classifica della serie B; saremmo falsi se non vi dicessimo che i primi quarantacinque minuti di Lecce-Chievo Verona sono stati i più belli, intensi e armoniosi di questo campionato. Così come saremmo inutilmente arroganti se non vi dicessimo che avevamo paura della seconda metà della sfida, nonostante i tre gol di vantaggio. Perchè? Perchè il Lecce, in questa stagione, è una squadra nuova, capace di tutto sia nel bene che nel male e a volte basta poco per farla deprimere. Ma cominciamo proprio dalla fine, dal senso di liberazione che abbiamo avuto quando il direttore di gara (non una partita esemplare la sua, così come spesso gli capita quando arbitra il Lecce) ha emesso il triplice fischio. Un secondo tempo vissuto in apnea dai giallorossi, complice il gol preso su punizione dopo pochi minuti. A proposito, al netto della fucilata di Mogos, più che qualcosa va rimproverata alla barriera del Lecce che ha lasciato lo spazio al terzino del Chievo per infilare l'incolpevole Gabriel. Da lì è iniziata un'altra partita, con i gialloblù rinvigoriti dal gol ed il Lecce un po' smarrito. Anche nei minuti successivi il senso di confusione è venuto fuori, quando ad esempio hanno lasciato agli avversari la possibilità di presentarsi al cospetto di Gabriel in occasione del generosissimo rigore concesso da Aureliano. Stavolta la fortuna ha arriso al Lecce, perchè ancora si cerca il pallone calciato, probabilmente oltre la curva. Come se non bastasse, un frettoloso disimpegno all'indietro di Henderson (Ascoli non ha insegnato molto, evidentemente) ha permesso nuovamente agli avversari di presentarsi in campo aperto davanti al portiere brasiliano, ma la conclusione è stata frettolosa ed è finita lontana dalla porta. Poi le squadre, nonostante le sostituzioni, sono calate atleticamente, il Lecce ha preso meglio le misure e non ha più sofferto, fino alla fine. Il tecnico giallorosso deve lavorare ancora duramente su questi cali di concentrazione, è assurdo, oltre che stupido, dopo aver dominato la partita, permettere agli avversari di crederci fino alla fine. Quando si ha la bravura di “spianare” una gara, è un peccato mortale rimetterla in gioco a causa di evitabili distrazioni. Il Lecce deve crescere anche da questo punto di vista, non si può segnare quattro gol e “specchiarsi” guardando quanto si è bravi, esistono anche gli avversari e basta pochissimo perchè prendano il sopravvento. Il primo tempo invece è stato musica sublime. Perfetto. Intensità, tecnica, scambi veloci negli spazi stretti, tiri pericolosi, profondità e tante soluzioni di passaggio ad ogni azione. Con tanti giallorossi che possono andare al tiro. Il gioco di Corini, appunto. Questo per buona memoria di chi, alla prima partita che non andrà come si spera, ricomincerà a mugugnare prendendosela con il tecnico. Di fronte c'era il Chievo Verona, una nobile di questo campionato, non l'ultima arrivata, anche se in una fase di “stanca”, reduce da più partite finite con la sconfitta. Eugenio Corini pare che abbia trovato la quadra, dopo tante vicissitudini e moltissimi problemi, finalmente può contare su una rosa ampia che è diventata gruppo. Ed il “gruppo Lecce” è forte, forse ancora non è il più forte di questo campionato, ma si sta avvicinando alla vetta, con carattere ed a suon di gol. Martedì c'è un altro scontro diretto a Venezia, le due squadre sono appaiate al quarto posto in classifica e saranno entrambe reduci da una partita giocata appena tre giorni prima. Sicuramente il tecnico giallorosso dovrà operare qualche “rotazione” negli undici che scenderanno in campo, sarà un'altra prova di maturità per i suoi uomini, soprattutto per quelli che hanno giocato di meno in questo periodo. Il campionato è ancora lungo e se si vuole credere nella “rimonta” c'è bisogno di tutti. Tutti sono collegati, tutti fanno parte della stessa squadra. Tutti sono il Lecce.
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