Morten Hjulmand: cuore (e tecnica) di capitano
Le ultime prestazioni del danese
Palla recuperata, dribbling nello stretto, sguardo in alto, lancio millimetrico per Banda che ha tagliato il campo e tanti applausi. Morten Hjulmand è stato autore di questa e di diverse giocate da stroppicciarsi gli occhi nel match disputato dal Lecce mercoledì pomeriggio all’Allianz Stadium contro la Juventus di Massimiliano Allegri.
Sono ormai lontani quei momenti nei quali alcuni avevano sollevato dei pregiudizi sul talento danese, spesso criticato per le sue mancate verticalizzazioni o palle filtranti. Hjulmand è cresciuto molto in questa stagione ma, fin da subito, non ha pagato lo scotto con un campionato diverso, più veloce e più fisico rispetto alla Serie B.
Nelle prime giornate era più timido, svolgeva il suo compito con meno autorevolezza, seppur il suo peso ha sempre fatto la differenza in mezzo al campo. Ora ha acquisito fiducia, preso ancor più consapevolezza delle sue qualità e rischia sempre più la giocata, anche quella difficile che un centrocampista centrale di solito non si può permettere.
Morten è un leader. Un capitano vero, che sprona i suoi compagni e si assume la responsabilità nei momenti difficili. Appena Vlahovic segna un gol capolavoro, le telecamere inquadrano il mediano giallorosso. Si dispera, non si dà pace, perché sa che quel gol può costare una sconfitta pesante ed immeritata.
Adesso il Verona. Hjulmand è nato per giocare partite come queste, scontri salvezza all’ultima goccia di sudore, anche se crescendo sta diventanto sempre più calciatore da palcoscenici europei e da musichetta della Champions. Prima di andare, però, deve salvare il Lecce. Lo deve fare per questa maglia e per sé stesso: salvezza e promozione sarebbe una combo incredibile, due annate pazzesche che suggellerebbero un rapporto che durerà in eterno. Perché Morten è diventato capitano quest’anno ma leader lo è stato dal primo pallone che ha toccato con questa maglia.