Lecce, dopo i primi 60 minuti bisogna avere paura?
Abbiamo provato a capire cosa accade a questa squadra nell'ultimo terzo di ogni gara
Prima di avventurarci in analisi troppo complicate, che non ci competono in quanto sprovvisti di patentino da allenatore, vogliamo che a parlare siano i numeri. Freddi, inequivocabili e spietati numeri.
Il Lecce di D’Aversa sta attraversando il periodo più complicato del suo campionato e questo non è dovuto soltanto alle 3 sconfitte di fila ed alla sola vittoria contro il Frosinone nelle ultime 17 partite. Oggi, infatti, in questo articolo vogliamo provare a capire cosa accade a questa squadra dal minuto ’60 in poi.
17 gol subiti nell’ultimo terzo di gara
Innanzitutto, partiamo dai gol subiti nell’ultimo terzo di gara. 17 reti. 2 contro il Napoli, 4 contro la Juventus tra andata e ritorno, 2 nella tragica trasferta di Roma, 2 ieri contro il Genoa ed un gol contro Bologna, Verona, Empoli, Inter, Atalanta, Cagliari e Lazio. Insomma, dei 31 gol subiti dalla squadra di D’Aversa fino a questo momento, più della metà sono arrivati dal sessantesimo minuto in poi. Ci può stare ma è doveroso capire i perché di questo calo e dare un nome a quello che accade ad un certo punto della partita, spesso con il Lecce in controllo fino a quel momento.
È un calo fisico o psicologico?
Lo abbiamo detto sopra, non siamo allenatori e non vogliamo ergerci a tali. Ci piacerebbe, però, capire perché accade quanto visto ieri. In realtà, ne eravamo tutti consapevoli, lo sapevamo che questa squadra intorno al quarto d’ora del secondo tempo avrebbe abbassato notevolmente il suo baricentro e prestato il fianco al suo avversario. Ma perché? Perché il finale delle partite dei giallorossi è ormai sempre lo stesso?
Calo fisico
Calo fisico. Si può pensare che la squadra spenda troppo nei primi 60 minuti. In effetti, lo ha detto anche Massimiliano Allegri nella conferenza stampa post partita dell’ultimo turno casalingo.
Il Lecce nel primo tempo ha corso molto, nel secondo tempo poi la partita è scivolata molto bene. Poi è normale che loro sono un po' calati e noi lì siamo rimasti lucidi a continuare a giocare la partita.
È normale calare, senza dubbio, ma in un calcio con la possibilità di effettuare 5 sostituzioni, ossia metà giocatori di movimento, ci sembra strano che una squadra cambi volto così, di punto in bianco, e si conceda agli avversari con la facilità che vediamo durante le partite del Lecce. Probabilmente D’Aversa chiede un lavoro dispendioso a molti dei suoi interpreti, con i laterali difensivi che si sovrappongono in continuazione e quelli offensivi che devono dare una mano anche in fase di non possesso. Per non parlare del centrocampo, ecco forse il vero problema di questa squadra.
Fino a quando Kaba e Ramadani riescono a gestire il reparto, la manovra è fluida e lo schermo davanti alla difesa funziona alla perfezione. Quando i due calano, la squadra ne risente e spesso le contromosse dell’allenatore sono tardive ed inefficace, anche a causa di chi entra in campo, non sempre collegato o pronto a dare una mano. Questo è un aspetto da risolvere e migliorare alla svelta, perché non si possono concedere tanti metri ad avversari forti e di qualità che giocano in ogni squadra della Serie A.
Calo mentale
Calo mentale. Si, qualcosa sotto l’aspetto psicologico c’è ed è inutile negarlo. Tanti falli nervosi, tanta paura nell’attaccare per non scoprire la propria porzione di campo e poca, pochissima intraprendenza nelle giocate. Qui ognuno dei giallorossi, in campo ed in panchina, dovrà lavorare su sé stesso, provando ad eliminare paura ed ansia e cercando di non avvertire la pressione di una piazza che, in questo momento storico, si sta dimostrando più matura del solito, con cori di incoraggiamento ad ogni fine gara, nonostante le sconfitte ripetute. Quello che, invece, accade sui social meriterebbe un approfondimento a parte ma non è questo il luogo adatto.
Per concludere, forse il calo è un po' fisico e un po' psicologico. Probabilmente, quando le gambe non iniziano a girare più come nei primi 60 minuti, subentra anche un pizzico di paura, che condiziona scelte e toglie lucidità agli interpreti in campo. È necessario lavorare, in silenzio, provando a trovare soluzioni e non colpevoli. Il tempo c’è e la classifica sorride ancora. L’obiettivo adesso è dimostrare con i fatti, con le prestazioni e con una vittoria, che questa squadra è viva e merita l’appoggio della sua gente.