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Pasquale Bruno, cresciuto calcisticamente nel Lecce ed affermatosi con il Torino, è stato intervistato dal Nuovo Quotidiano di Puglia, dove ha trattato vari argomenti soffermandosi anche sul momento della squadra giallorossa.

Su com'è cambiato il calcio

C’era volta il calcio delle grandi famiglie che garantivano il presente ed il futuro. Non si immaginava neppure l’arrivo delle potenze straniere, magari tanti soldi ma poco cuore. 

C’era, a Firenze, il grandissimo Mario Cecchi Gori, che ci lasciò a novembre di quel 1993. Arrivò il figlio Vittorio, affiancato dalla mamma per la presidenza. Un’eredità difficile, impossibile, ma comunque onorata dall’immediato ritorno in serie A. Per me fu il secondo campionato di B, dopo quello con il Como, conclusosi con un'altra promozione. 

Poi vennero gli anni torinesi, la Juventus di Agnelli e Boniperti, il Torino, la squadra del popolo, che per questo ho sentito mia rispetto alla nobiltà juventina, la serie A, le Coppe Europee, la Nazionale. 

I ricordi nel Lecce

Nel cuore sempre il mio Lecce, quello di Jurlano, Cataldo e dell’impagabile Peppino Palaia, di Ciccio Cartisano che era stato il mio grande maestro, l’abilissimo Smargiassi. Nel cuore soprattutto Lorusso e Pezzella, che tifano Lecce da lassù e gli amici della mia San Donato: Miccoli, Progna, Serra, Luceri.

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