L'ex arbitro Pieri su Roma-Lecce: "Espulsione e rigori non c'erano. Prontera ha commesso due errori"
IL PARERE
Tiziano Pieri, ex arbitro di serie A e attuale moviolista di RaiSport, ha rilasciato un'intervista a cura di Lino De Lorenzis al Nuovo Quotidiano di Puglia, nella quale ha bocciato la performance di Alessandro Prontera in Roma-Lecce.
“Rosso a Hjulmand? È stato un contrasto di gioco in scivolata nel quale non c’è stata cattiveria nell’intervento di Hjulmand. Tanto è vero che il calciatore del Lecce ritrae il piede appena entra in contatto con la tibia di Belotti. Si vede che non c’è la volontà di entrare sull’uomo bensì sul pallone. L’arbitro, tra l’altro, in quel momento ha lasciato proseguire, come aveva fatto sabato scorso Orsato in Milan-Juventus nei tackle e nei contrasti di gioco per…”
Qual è la sua opinione sul rigore concesso alla Roma?
"È un episodio che sinceramente a me ricorda molto da vicino quello che un anno fa ha visto protagonista lo stesso arbitro Prontera in Milan-Verona. Mi riferisco al contatto in area tra Romagnoli e Kalinic: anche in quella occasione il direttore di gara concesso il penalty e questi, per me, non sono calci di rigore".
Perché?
“Va fatta un’analisi molto semplice. Il velo per far passare il pallone deve essere fatto con il corpo e in quel caso ci sono sicuramente le condizioni per concedere il rigore. Ma non si può far velo mettendo un piede e allungando di conseguenza il compasso delle gambe. Perché, ragionandoci sopra, che colpa possiamo addebitare al difensore che sta camminando verso il pallone e all’improvviso gli arriva un piede davanti che viene posto lì in maniera anomala solo per cercare il calcio di rigore? E se l’anno scorso il designatore ha “etichettato” un episodio simile, il contatto Romagnoli-Kalinic, allora anche in questo caso dovrà convenire che quello dell’Olimpico non era calcio di rigore. Spetta al designatore catalogare queste casistiche e far comprendere le varie tipologie di rigori perché, se vengono concessi penalty come quello Askildsen-Abraham, allora andiamo tutti in confusione”.
Qual è la sua opinione sulla scelta della società del Lecce di evitare le polemiche facendo però valere le proprie ragioni attraverso i canali istituzionali?
“È l’unica linea corretta da seguire. Alzare la voce serve a poco, gli arbitri sono come i giocatori giovani. A volte noi pretendiamo tutto e subito ma non è così facile. E non è facile far crescere i giovani. Per formare un arbitro ci vogliono anni mentre per distruggerlo basta un episodio di una partita, quindi bastano veramente pochi secondi. E ritrovare la continuità e l’autostima può diventare difficile quando tutti intorno dicono che non sei capace. Anche per gli arbitri bisogna avere la stessa pazienza che si ha nei confronti dei giovani calciatori e non etichettarli “pipponi” al primo errore. Mi permetta di fare i complimenti alla società del Lecce per questa scelta perché credo sia la cosa migliore da fare per crescere tutti insieme. Il mondo del calcio ha bisogno di serenità e di equilibrio”.