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In campo ci sono i leader tecnici e i leader carismatici. Poi ci sono quelli (pochi per la verità) che riescono a riunire entrambe le doti. Fabio Lucioni è uno di questi. Nella sfida contro la Cremonese, il difensore ex Benevento, complice l’assenza di Marco Mancosu, ha assunto i gradi di capitano e ha guidato la squadra ad una preziosa vittoria in esterna, utile per spazzare via i malumori della doppia sfida interna con Ascoli e Brescia. Lucioni si è confermato un caposaldo della formazione allenata da Eugenio Corini. Quando è stato a disposizione, il tecnico bresciano non ha mai fatto a meno di lui. Sempre presente, sempre dal primo minuto. È cambiato il partner al centro della difesa, prima Meccariello, poi Dermaku, infine Pisacane, ma lui è stato la costante. Al netto di alcune (poche, a dire il vero) partite sottotono, “lo zio” ha sempre fatto valere il suo peso specifico in termini di grinta e di esperienza. Proprio per questo motivo è utile distinguere i due aspetti: la leadership tecnica da un lato e quella carismatica dall’altro. Dal punto di vista prettamente tecnico quando si parla di Lucioni si fa riferimento a un top player per la categoria. Di lui, gli addetti ai lavori non hanno dubbi nel dire che sarebbe un titolare inamovibile in tutte le squadre del campionato, dalla prima all’ultima. Talvolta vittima di critiche eccessive per il numero di gol subiti dal Lecce, come se ai difensori centrali fosse imputabile una sorta di responsabilità oggettiva per i gol incassati. Il discorso sul punto è molto più ampio e sarebbe necessario acquisire la consapevolezza che nel calcio moderno il concetto di fase difensiva è ben più ampio di quello fin troppo restrittivo di “difesa”, tendenzialmente intesa come la canonica linea della retroguardia. Ecco, la linea per l’appunto. Quella che Lucioni guida a gran voce, da faro del reparto. E qui si passa all’altro aspetto, quello carismatico, emerso con veemenza nella trasferta di Cremona. Ai più attenti non sarà passata inosservata la grinta e lo spirito con cui Lucioni ha guidato la squadra nella fase di non possesso, alzando l’attenzione per tenere serrate le file. L’emblema dell’importanza del vice-capitano giallorosso sta anche nell’abbraccio al triplice fischio: lo zio che con le sue braccia cinge Hjulmand e gli altri ragazzi festanti per i tre punti portati a casa. Un’immagine simbolica, anche per quel discorso legato al giusto mix di spensierata gioventù ed esperienza che è un po’ il leitmotiv della stagione del Lecce. Da un lato Lucioni, che della società giallorossa ha già scritto la storia, ottenendo una promozione in serie A due anni fa. Dall’altro, invece, i ragazzini terribili che con la loro spensieratezza vogliono essere protagonisti di nuove imprese a tinte gialle e rosse. Il ruolo di Lucioni, in tal senso, è fondamentale: non solo baluardo difensivo, ma anche collante nel ricambio generazionale in atto nel Lecce.
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