Rocchi su Lecce-Milan: "Buon senso? No, la fattispecie è codificata"
Il designatore arbitrale Rocchi parla del pestone di Piccoli su Thiaw in occasione dell'evento organizzato dall'UniSalento
Il designatore arbitrale Gianluca Rocchi ha parlato in UniSalento nell'incontro di studi “la funzione dell'arbitro tra rispetto delle regole e nuove tecnologie” organizzato dal organizzato dal Corso di laurea in Diritto e Management dello Sport..
L'intervento del designatore Rocchi in UniSalento
“È un invito accolto con grande piacere, l’obiettivo di questo incontro è rappresentare l’ arbitraggio con una vista diversa. L’arbitro non è solo quello che vedete in TV, è una storia diversa. Ringrazio il presidente del Lecce, mi fa molto piacere vederlo: oltre ad essere una persona di sport è di grande cultura. È giusto che sappiate l’origine della nostra attività. Negli anni la nostra attività ha avuto immobilismo quasi di un secolo. Negli ultimi anni siamo passati dalla figura dell’uomo solo al comando a ciò che vedete oggi. Questo sport nasce senza l’arbitro perché il calcio è per calciatori e tifosi, noi siamo un servizio.
Il primo vero cambiamento arriva nel 1989 con l’introduzione del quarto uomo come supporto alla terna. Negli anni questa figura è diventata sempre più importante. Nel 2007 la svolta epocale con gli auricolari. Finalmente avevi modo di comunicare con i colleghi in campo. Nel 2012 si aggiungono due arbitri dietro ogni singola porta. Io ho fatto l’arbitro di porta a Rizzoli nella finale di Champions. Col tempo ci siamo accorti che tutto questo non bastava per pareggiare la tecnologia. Così nel 2015 si arriva all’introduzione della goal line technogy, una gioia per chi faceva questo lavoro. Da questa data si è rotto un muro che ha rotto in positivo un mondo restio al cambiamento.
L’unico rischio? Se questa tecnologia invade troppo la soggettività. È una mia idea, magari sbagliata. L’arbitro scende sul terreno di gioco pensando di essere infallibile. Se io son convinto di dire 5 cose sbagliate non vado in campo. Il VAR arriva nel 2017, che ti dice subito se hai commesso un disastro. Nel novembre 2017 faccio il mio sesto derby di Roma e capisco di non essere infallibile e che questo strumento ci salva la vita. Non vedo un fallo di mano di Manolas in area e credevo mi criticassero, invece nessuno ha parlato di me. Qui ho capito l’importanza di questo strumento. Ai ragazzi spiego che hanno una fortuna grande perché esiste uno strumento attraverso il quale possono riparare un errore.
L’arbitro fa notizia solo quando sbaglia. La sala VAR di Lissone è un posto straordinario. Trasmettiamo lì tutta la Serie A e quasi tutta la Serie B. Il venerdì pomeriggio li chiamiamo per il raduno ed il sabato facciamo la riunione tecnica. Nel 2022 arriva il fuorigioco semi-automatico, che prevede una parte di soggettività perché l’uomo deve controllare che la macchina catturi il frame giusto. Noi in AIA vorremmo essere visti con occhi diversi. Noi siamo professionisti a tutto tondo".
Rocchi su Lecce-Milan ed il pestone Piccoli-Thiaw
“Capisco tutto da sportivo, ma noi dobbiamo non avere buon senso in quella situazione, in quanto è codificata. Il regolamento dà linee guida, all’interno delle quali vi sono delle interpretazioni. La difficoltà più grande è avere uniformità. Nella stessa partita puoi avere due tocchi di mano che possono essere interpretati in maniera differente. Cerchi di darti all’interno di un percorso una filosofia. Omogeneità su uno sport che nasce come interpretazione soggettiva per me è diverso. È una follia pensare di omogeneizzare nel calcio. Pensate che le squadre, ad esempio, possano giocare tutte allo stesso modo? È impossibile rendere oggettiva qualcosa che nasce soggettiva".
“Perché un arbitro dovrebbe avere sudditanza psicologica? Io non l'ho mai avuta. Mi dispiace una domanda del genere. Il calcio è soggettività”.
Successivamente interverrà ancora per rispondere alla domanda posta da Saverio Sticchi Damiani.