Ora testa, cuore e...morsi
11 LEONI
È martedi, ma in realtà è come se fosse lunedì. Pasqua e Pasquetta sono volate via ed oggi si ritorna a lavorare, studiare e ad illudersi che la dieta che abbiamo deciso di intraprendere dopo i bagordi degli ultimi giorni possa portare i risultati sperati fino al primo bagno.
Il Lecce ieri ha perso ma non è questo il problema. Non è la sconfitta, sebbene sia dolorosa e preoccupante a questo punto della stagione, e non è nemmeno la classifica, che non ci sorride più come prima ma che ci permette ancora di essere artefici del nostro destino.
Il Lecce ieri non ha giocato, non è sceso in campo, non ha lottato, non ha fatto tutto quello che ci rende orgogliosi di tifarlo.
Eravamo in mille lì, chissà quanti sul divano a casa e chissà quante litigate con amici e parenti che in quelle due ore hanno provato a coinvolgerci durante la Pasquetta.
Abbiamo capito subito che non era giornata, poi la traversa di Strefezza ce lo ha detto a chiare lettere. Abbiamo risentito il rumore sordo del legno, quello che di solito ascoltiamo quando non è stagione e la palla decide di non entrare.
La Reggina ha disputato la sua partita, nella seconda frazione ha spezzettato il gioco ed alla fine ha festeggiato una vittoria che non servirà a nulla ma che le dà morale anche in vista del prossimo campionato.
In questi giorni analizzeremo la partita, divideremo le colpe e ci leccheremo le ferite. Lo spettro del finale di stagione dello scorso anno è tornato prepotentemente. Abbiamo il terrore che la storia si ripeta, che anche quest’anno alla fine dovremo affidarci ai play off, che gli insegnamenti del passato non siano valsi a nulla.
È cosi, inutile nasconderlo ma ora le critiche e gli insulti servono ancor di meno rispetto a qualche giornata fa. Siamo campioni del mondo nel complicarci la vita, i numeri uno nel buttare al vento le occasioni, eppure siamo anche i migliori a venirne fuori quando tutto sembra più difficile.
Il Pisa ci attende, il Via Del Mare dovrà comportarsi da Via Del Mare, il Lecce da Lecce, anche perché da sempre quando non ce la facciamo più “…comu la lupa encimu a muzzecate”.