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di Giuseppe Rizzo

Un diluvio di commenti, quasi tutti negativi, ha seguito il post-partita di ieri pomeriggio, dopo il pareggio con il Venezia. Mi chiedo cosa sarebbe successo in caso di sconfitta. La delusione per il risultato è comprensibile, ma la violenta contestazione verso i giocatori, che hanno sputato l’anima in campo, non lo è.

Premesso che i limiti tecnici della squadra sono ormai evidenti da tempo, a 21 punti dalla fine del campionato la squadra va incoraggiata per il rush finale, che presenta scontri che – sulla carta – sembrano già persi. Le ultime due partite con le big, Milan e Roma, ci insegnano però che, a volte, i risultati possono anche arrivare. Quindi, perché mollare ora? Perché non considerare che da tempo gli episodi sono tutti sfavorevoli? Autogol (Milan e Venezia), un rigore inesistente contro l’Udinese e, da ultimo, i pali colpiti. Anche nel prossimo turno siamo – sulla carta – battuti, così come lo era l’Empoli a Napoli. E quindi, anche per il prossimo turno, la salvezza teorica resta viva. È poco, ma la lotta sarà punto su punto.

Contestiamo pure Corvino, Giampaolo e SSD a fine campionato, muovendo tutte le critiche di questo mondo. Ma contestare SSD ieri era inopportuno, così come la reazione del presidente. Tuttavia, essere in campo con tutta l’adrenalina per il pareggio e la ricerca della vittoria può provocare reazioni scomposte, soprattutto quando si sente urlare “vattene!”.

La società, tutta salentina e non di proprietà di fondi stranieri, ha portato il Lecce dalla Serie C – ricordo trasferte a Fondi, Rende, Rieti – alla Serie A. Possiamo anche dimenticarlo, ma non possiamo invitare SSD a mollare. In sostanza, si tratta di memoria corta, tipica dei leccesi… e, forse, anche degli italiani.

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