Lecce, ripartiamo dall’ABC: cos’è per noi il leccesismo?
Eppure dovremmo essere abituati ai saliscendi della nostra squadra del cuore. Un giorno siamo l’anti-quellilì, il giorno dopo non siamo degni nemmeno del peggior Pontedera.
Noi siamo così. Lo siamo sempre stati. Ma quest’anno abbiamo deciso di superarci. Far di più. Rendere il momento di difficoltà più scoppiettante.
Se prima eravamo maestri nel farci male, adesso siamo riusciti nell’upgrade, nel migliorarci e nel diventare esimi Professori. Cosa è il Lecce? Alla luce dei fatti di queste ultime settimane, mi sono chiesto: “Se qualcuno venuto da un angolo remoto della Terra dovesse chiedermi cosa è il Lecce, come glielo spiegherei?”
Beh, potrei cominciare dalla storia. Dalle vittorie. Raccontare le gesta del Lecce di Iurlano e Semeraro e quelle più recenti della gestione del gruppo Sticchi Damiani. Potrei dirgli delle salvezze e delle promozioni conquistate in passato, ma non sarebbe sufficiente. Perché in mezzo ci sono tanti, tanti altri aspetti. C’è il pianto. Ci sono le delusioni, le sconfitte pesanti. Amare.
Ci sono grandi giocatori e grandi nomi. Amori iniziati e finiti male. Qualcuno con il classico “tradimento”. Ci sono quei giocatori mai dimenticati e “perdonati”.
Impiegherei, forse, troppo tempo per descrivergli cosa sia il Lecce. E di certo dimenticherei sempre qualcosa o sarebbe una ricostruzione faziosa. Poi ho pensato: “Che stupido. Basterebbe mostrargli la vittoria con la Lazio seconda in classifica conquistata con sudore e sacrificio”.
Al di là di quel risultato il Lecce ha dimostrato in questa stagione di tirar fuori quei valori che lo contraddistinguono e che ci hanno permesso di innamorarci follemente di Lui. Il cuore. L’umiltà. La grinta. Ma soprattutto lo spirito di gruppo. Elementi che in questi anni ci hanno trasmesso Saverio Sticchi Damiani, Corrado Liguori, Renè De Picciotto, Alessandro Adamo e la famiglia Carofalo.
UNITI SI VINCE – La sfida di domenica prossima contro il Genoa ci dovrà dare un insegnamento importante, che ci rende, sempre più, diversi dagli “altri”. Non sarà solo una partita di calcio, ma LA partita di calcio in cui tutto potrà accadere e che dovrà segnare definitivamente un solco sul nostro presente/futuro. Arriveremo alla sfida di Genova con tanti pensieri (positivi e negativi) addosso. Siamo riusciti a dividerci tra noi “fratelli” perché ognuno pretendeva di avere ragione dal suo punto di vista. Abbiamo messo da parte il leccesismo, per seguire l’ego smisurato di questo o quell’altro personaggio, miscelandolo al nostro. Ci siamo affrontati. Abbiamo lasciato che l’emotività di certe situazioni prendesse il sopravvento su di noi, fino a permettere ad alcuni di “tifare contro”, di sperare nella sconfitta… per il bene del Lecce.
Abbiamo vissuto momenti che – chiamerei – paradossali, in cui certi “paladini del tifo giallorosso” hanno dato voce a milioni di tifosi, arrogandosi il diritto di esprimere il “loro dissenso” spacciandolo per il “dissenso collettivo”.
Abbiamo permesso ad alcuni personaggi di strumentalizzarci, di metterci l’uno contro l’altro, quando bisognava, più che mai, rimanere uniti e coesi, alla ricerca dell’unica sacrosanta verità, verso l’unico scopo: il bene del Lecce.
Il Lecce andrà a Genova nel suo momento peggiore, perché al di fuori del rettangolo di gioco si sta giocando una partita pericolosa. Molto pericolosa per il nostro futuro.
Il gioco delle parti, il teatrino andato in onda sui social giallorossi in queste ultime settimane è stato il momento più basso della nostra storia. Più delle sconfitte cocenti. Più di ogni altra cosa. Prestarsi a questo siparietto ignobile ha, di fatto, leso l’immagine del nostro club e minato il rapporto tra noi tifosi.
Il Lecce visto con l Fiorentina ci ha dato l’ennesima lezione. Si può sbagliare. Si possono commettere cazzate, ma se tutti – e ribadisco TUTTI (tifosi compresi) – hanno fame e voglia di vincere, di andare verso un unico obiettivo, allora si possono ottenere certe prestazioni.
Va bene criticare, ma va bene fino ad un certo punto. Non vuoi essere dalla parte di Liverani perché “sbaglia sempre la formazione”? Libero di farlo. Ma perché sommergerlo di insulti al momento della sconfitta? Come se stesse perdendo un allenatore avversario.
“Il Lecce ai leccesi” disse una volta Saverio Sticchi Damiani. Una frase sentita milioni di volte, ma ditemi, chi è più leccese di altri? Come si fa a misurare il grado di leccesismo? I giallorossi con la Fiorentina hanno sbagliato. Punto. Nessuno sta qui a giustificare l’atteggiamento della squadra in campo che non è stato all’altezza, ma non dimentichiamoci che tifiamo tutti per la stessa squadra.
Con la Fiorentina la squadra non c’era in campo, con la Lazio ed il Cagliari sì. L’altro giorno avremmo voluto festeggiare la vittoria dei giallorossi, oggi possiamo anche decidere di non farlo, ma non bisogna necessariamente “tifargli contro”.
Criticare una squadra nel pieno della lotta salvezza non ancora decisa ed appesa sul filo di un punto di distanza, vuol dire fischiare il Lecce. Ci scagliamo contro quei ragazzi in giallorosso tacciandoli per mezzi giocatori, imprecando contro di loro per le loro scarse qualità, salvo poi ripensarci quando Gabriel salva il risultato con la Lazio, o Lucioni sfodera una prestazione maiuscola sempre contro i biancocelesti.
Ma sapete che c’è, che la migliore risposta l’hanno data proprio loro, quei ragazzi in campo. Dimostrando ancora una volta l’attaccamento alla maglia che indossano. Non saranno campioni. Non saranno perfetti, ma almeno ci hanno lanciato un segnale forte, abbracciandosi come se nulla fosse successo. Facendo gruppo. Lasciando fuori dal terreno di gioco tutte le stupidaggini dette, lette e scritte in queste settimane.
La migliore risposta la darà il campo. L’unico abbraccio che non deve mancare in questo momento è quello dei tifosi che devono essere sempre più uniti intorno a questo gruppo, alla conquista dell’obiettivo. Una vittoria contro il Genoa potrebbe saldare la salvezza, ma nulla è ancora deciso. Abbiamo corso più e più rischi. Sembravamo spacciati e cacciati fuori dalla Serie A. Eppure siamo ancora saldamente lì.
Senza qualche errore clamoroso potevamo avere una classifica ben diversa, alla fine questo dovrà essere l’unico rammarico accettabile alla fine della stagione. Bisogna continuare a lottare. Bisogna continuare la corsa alla salvezza. Partita dopo partita, soffrendo.
Noi siamo l’Unione Sportiva Lecce. La sofferenza è nel nostro Dna. Non possiamo non soffrire.
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