Un buco al muro, poi la chiamata del Lecce. Il rapporto con il padre. Pantaleo Corvino raccontato dalla figlia Georgia
Georgia è la più grande dei tre figli di Pantaleo Corvino, Direttore Sportivo del Lecce. Lavora, ha due figlie, Martina ed Annaluna, ed è accanita tifosa del Lecce, oltre che del papà. Una persona diretta, un fiume in piena, parla e racconta episodi, rivive gli stati d'animo. Lo fa con chiarezza e trasporto.
Abbiamo provato a capire, attraverso le sue parole, come sia il “burbero” dirigente giallorosso con i suoi cari, oltre il calcio e come la sua famiglia abbia vissuto e viva tuttora le sue esperienze lavorative.
Missione fallita!
La prima cosa che abbiamo capito è che un “Corvino oltre il calcio” non esiste. O meglio esiste, ma non si vede. La sua famiglia è completamente legata a quelli che sono i ritmi ed i valori che lui ha trasferito, il modo di vivere.
Il racconto di Georgia parte proprio dagli affetti: "Papà è una persona generosa, gioiosa, buona ma tutta d'un pezzo. Non riesce ad andare oltre agli sgarbi, non ammette la slealtà. Ne ha viste tante nella sua vita, soprattutto situazioni intrinseche al lavoro che svolge. É abituato a rapportarsi con tutti ma è uno che si è sempre preso responsabilità pesanti, ha avuto tante soddisfazioni e qualche delusione, fa parte della vita. Ci ha insegnato a farci carico delle conseguenze degli errori, a rialzarci ed a ripartire. E' giusto così. Io poi lo adoro, abbiamo un rapporto unico; mia madre scherzando dice sempre che il cordone ombelicale lo avevo con lui. Lo definisco il mio Panda”.
In che senso?
“Beh, io ho tatuato sull'avambraccio un panda con il pallone di calcio. Non è un caso, l'ho fatto per lui, così lo tengo sempre con me”.
Bene. Chi è Georgia Corvino?
“Georgia e non Giorgia, ci tengo a specificarlo, il mio nome l'ha deciso papà e ci tiene tanto! Lavoro ma sono anche mamma e tifosa, sia di papà che del Lecce. Non mi perdo una partita. Davanti alla TV o quando è possibile allo stadio io ci sono sempre. Vivo la partita in maniera totale, caratterialmente sono come quei tifosi che vedono il calcio “di pancia” ma ora quando vado al Via del Mare devo controllarmi, siamo in pochissimi e si sente tutto”.
Ci colpisce questa espressione: cosa vuol dire “di pancia”?
“Quando papà stava alla Fiorentina io seguivo le partite della squadra toscana, c'era lui e non poteva essere che così. Ricordo un ottavo di finale di Champions. Ero a casa e la partita era contro il Bayern. Ad un certo punto Klose segnò in fuorigioco di almeno cinque metri e l'arbitro convalidò il gol, a causa sua la Fiorentina venne eliminata. Io ero seduta, non potevo crederci: mi alzai, feci una piroetta e tirai un calcio al muro, sfondandolo. Quel buco non l'ho mai riparato, è lì in bella vista e serve per ricordare a me stessa che devo riflettere sempre. Era di cartongesso, se non fosse stato così mi sarei rotta il piede. Io simbolicamente è come se avessi due cuori giallorossi tatuati: il rosso rappresenta papà, il giallo il Lecce”.
Quando ha saputo che sarebbe ritornato a fare il D.S. del Lecce?
"Lui non parla, è abituato così, finchè non c'è nero su bianco non dice mezza parola. Tiene presente come si comporta quando fa il calciomercato? Quando non escono i nomi reali che sta trattando? Ecco, così è anche quando l'oggetto del mercato è lui. Però io da tifosa leggevo i social, i commenti, leggevo gli articoli e qualcosa l'avevo capita. La mia gioia era indescrivibile, stava tornando a Lecce, la squadra del mio cuore”.
Come ha vissuto la “pausa” prima di tornare a Lecce la scorsa estate?
“Per due anni lui è stato a casa, ha fatto il marito, il padre, il nonno dei suoi splendidi nipoti (Martina, Annaluna, Cristiano, Aurora, Nicole e Lorenzo) a cui dedica anche adesso tutto il suo tempo libero; ma io lo vedevo che riusciva a trovare partite di calcio, a tutte le ore, anche se il palinsesto non ne offriva. Sapevo che la lontananza da quel mondo lo faceva soffrire anche se ha rifiutato non meno di tre proposte di lavoro, due di serie A. Non lo convincevano i programmi evidentemente”.
Poi?
“Poi il Lecce! Finalmente, a casa sua. Lui non si sentiva “finito” aveva la voglia di rimettersi in gioco, di dimostrare di valere ancora e tanto. Voleva ridare un'anima alle sue idee, la capacità di farsi nuovamente coinvolgere l'ha trovata nell'attuale società. Lo trovo partecipe a 360°, è totalmente dentro al progetto, lo rivedo ancora più tifoso di quando andò via”.
L'U.S. Lecce è una società giovane, rivoluzionaria e di prospettiva. Come si inserisce in questo contesto la figura del D.S. più longevo d'Italia?
“Lui ha un rapporto eccezionale con la Proprietà, in particolar modo con il Presidente. Si conoscevano da prima e per me insieme rappresentano il connubio perfetto. Dove non c'è uno arriva l'altro. Saverio è riflessivo, intelligente, non fa parte di quei presidenti che mettono pressione al mondo che li circonda. Vedo che all'interno dell'Unione Sportiva Lecce tutti si sostengono a vicenda: Renè, Corrado, Alessandro, Silvia, Dario, si fidano di papà e di Saverio. C'è un obiettivo comune da raggiungere e nessuno si tira indietro".
Com'è cambiata la vita di suo padre ora che è tornato a Lecce?
“Cambiata? Non è cambiata! Si sveglia alle sette va a lavorare e ritorna la sera tardi. Dice sempre che bisogna alzarsi presto per arrivare prima degli altri. Ha presente la massima della gazzella e del leone in Africa? Ecco, me la regalò quando ero più giovane, perchè quello era il suo mantra, voleva che lo condividessi con lui. Tuttora è così, quindi lo vediamo pochissimo”.
Come vivete le partite del Lecce in famiglia ora che c'è anche lui?
“A casa mia si entra in clima prepartita dal giovedì, concentrazione massima. Era già così quando era fuori, figuriamoci adesso. Se si vince lui parla, ma se si perde bisogna aspettare la domenica successiva e sperare che si vinca. La nostra famiglia vive i ritmi del campionato, da quando ho memoria. Mia madre ormai neanche ci fa più caso”.
Lei come sta vivendo il momento? Da tifosa o da figlia?
"Per me è una sofferenza doppia. Da tifosa non c'è bisogno che lo dica, da figlia, se possibile, è molto più difficile. Poi io sono una donna “social”, leggo tutto e mi faccio un'idea degli umori dei tifosi. Soprattutto in questo periodo di pandemia avere la possibilità di confrontarsi, anche se virtualmente, aiuta ad uscire dall'isolamento. Leggo attestati di stima da parte dei tifosi, ho visto che vogliono bene a papà ancora adesso e non avevo dubbi. Non potrò mai dimenticare che quando era in ospedale per l'operazione al cuore, era Lecce-Lazio, lui ci impose di andare allo stadio, non ci voleva tra i piedi, non voleva vedere la nostra sofferenza. Non ci aspettavamo che sarebbe stato esposto uno striscione in suo onore, quando ci penso mi commuovo ancora adesso”.
Il campionato è in pieno svolgimento ed il Lecce rimarrà in corsa fino alla fine per la promozione diretta, come si sta vivendo nella famiglia Corvino il momento?
“La serie B è tosta, noi siamo fiduciosi ma con i piedi ben piantati per terra. Sappiamo che la squadra è forte, l'allenatore preparato ed alle spalle c'è una dirigenza sempre sul pezzo. Il calcio però lo conosciamo bene, può succedere di tutto, anche che il Lecce bruciando le tappe e dopo una stagione così complicata, possa coronare un sogno".