Pecchia alza il muro ma il Lecce lo butta giù
L’EDITORIALE DI MARINI
Contro la Cremonese è stata una vittoria dettata dalla perseveranza, dalla pazienza ma nello stesso tempo dalla necessità di non lasciare nulla di intentato pur di portare a casa i tre punti.
Fino alla fine.
E' stata la rivincita alla prima partita di campionato che è coincisa con la pesante, inaspettata e immeritata sconfitta, almeno nel punteggio subita nel girone di andata. Quella gara fece arretrare di un mese l'autostima che il Lecce aveva costruito, una squadra nuova che veniva fuori molto bene dal precampionato e dalla Coppa Italia. Dopo i tentennamenti dovuti a quel tre a zero i giallorossi hanno faticato, lottato, fino a riportarsi nelle zone alte della classifica e stavolta si sono ripresi quello che evidentemente gli spettava.
Una formazione ostica quella guidata da Pecchia, una squadra che il tecnico ha plasmato a sua immagine e che ha il suo stesso temperamento. Il limite palesato al Via del Mare e che probabilmente l'ha condannata alla sconfitta è stato imperdonabile: ha dimostrato di avere paura del Lecce. L'ha camuffata questa paura attraverso un gioco falloso, reiterando proteste, furbate varie ed è stata anche graziata dall'arbitro che già alla metà del primo tempo avrebbe dovuto lasciarla con un uomo in meno. Il fatto che ciò non sia accaduto ha permesso ai lombardi di continuare con i falli, al loro portiere di perdere tempo senza che il direttore di gara, colpevolmente, prendesse provvedimenti. La paura si è manifestata nell'atteggiamento di Fabio Pecchia, quasi sempre in campo a sbraitare, dando indicazioni ai suoi su come difendersi, mai su come colpire, quella stessa paura che nella seconda frazione di gioco li ha costretti ad indietreggiare a causa della spinta del Lecce, sempre più pressante fino a diventare asfissiante. Gol sbagliati per un soffio da parte della formazione salentina, salvataggi sulla linea da parte dei difensori grigiorossi, ma alla fine c'è stata la beffa di un autogol, su un innocuo e morbido traversone, proprio da parte del loro uomo migliore, Okoli.
E' stato bravo il Lecce ed anche il suo allenatore, Marco Baroni: non hanno mai smesso di provarci, non hanno abboccato al “bluff” messo in atto da Pecchia, hanno continuato imperterriti ad andare a “vedere” le carte ed alla fine sono stati premiati. Hanno scoperto il bluff, vinto il piatto e l'atteggiamento costruito dalla Cremonese è caduto come un castello di sabbia, insieme ad una direzione di gara infelice.
Baroni conosceva l'importanza di questa sfida, aveva mantenuto alcuni uomini freschi, nonostante gli impegni ravvicinati, proprio in previsione di questa partita. Gallo e Gendrey come esterni bassi, Dermaku e Lucioni centrali, a centrocampo gli uomini di “fiducia”, Majer, Hjulmand e l'inossidabile Gargiulo; in attacco il tridente delle meraviglie. Nonostante alcuni uomini non fossero al top della condizione, nessuno si è risparmiato ed al momento degli avvicendamenti chi è entrato ha dimostrato, come Helgason e Listkowski, di poter incidere positivamente.
Il gol dell'uno a zero di Gallo è stato strepitoso, doppia finta e tiro di destro a girare, ma anche il cross da cui è venuta la deviazione per il definitivo due a uno è stato suo. Una partita da incorniciare da parte del ragazzo palermitano, ora nessuno potrà più dire che ha solo il sinistro.
La vittoria rilancia il Lecce a ridosso delle prime, con una partita in meno che verrà recuperata mercoledì, contro il Vicenza, dopo essere stata rinviata per ben due volte.
Il rischio c'è ed è evidente: evitare il possibile il calo di concentrazione dovuto alla vittoria contro la Cremonese.
Bene, si deve sapere, i calciatori del Lecce devono essere consapevoli che se una squadra vuole vincere il campionato, tutte le partite le deve affrontare come se giocasse contro i primi della classe. Non sono ammessi tentennamenti.
La differenza tra chi vuole vincere e chi invece alla fine vincerà è data dalla capacità di non avere cali di concentrazione, dalla forza di non “specchiarsi”, dalla voglia di migliorarsi fino a quando non si varca il traguardo. Non prima.
E' l'amaro destino di chi vuole vincere, è sempre stato così e sempre così sarà.