Pasculli: "Lecce? Barbas mi convinse a rimanere, poi lui andò via e io sono ancora qua"
LA STORIA
Carletto Nicoletti, famoso Dj, a bordo della sua auto è andato nel Salento per un’intervista con Pedro Pablo Pasculli, storico attaccante del Lecce. Questo nuovo progetto si chiama GoalCar (#goalcar), una web serie originale, fresca e divertente, che mira a far raccontare ai calciatori la loro storia. Ecco di seguito le dichiarazioni rilasciate dal grande attaccante argentino:
Lei è arrivato in Italia nel 1985 e non l'ha più lasciata:
"Sì, arrivai prima dei Mondiali. Arrivai con Barbas ed è nata a Lecce con lui una grande intesa e amicizia. Non sapevo dove fosse Lecce, lo dico sinceramente. Ho fatto bene in Argentina e mi vendette in Italia. Il procuratore mi disse che c'era l'opportunità di andare all'Atletico Madrid, ma io come Maradona ho scelto l'Italia. Mi dissero dopo del Lecce, io speravo in Napoli, Roma, Fiorentina, invece mi vendettero al Lecce. Ma devo dire che poi ho scoperto le mie origini pugliesi, perché il mio nonno era di Bitonto. Feci tre anni di contratto come Barbas. Lui mi convinse a rimanere, ma poi lui andò via. E io sono ancora qua".
Ha avuto Mazzone come tecnico:
"E' stato un grandissimo allenatore, penso uno dei più competenti che mi ha allenato. Ho avuto la fortuna di vivere con lui anni strepitosi. Era un burbero divertente, che spesso si arrabbiava con tutti. Anche con me".
Quanti ricordi legati al Via del Mare:
"Tante gioie, una delle curve più belle d'Italia quella del Lecce. Dopo tanti anni ancora mi amano. Sono rimasto nel cuore dei tifosi. Il calcio una volta era genuino, era un divertimento. Mi emoziono ancora a vedere quelle partite. Abbiamo fatto gioire i nostri tifosi".
Che ricordi di Roma-Lecce del 1986?
"Noi eravamo retrocessi, andammo per fare una partita normale all'Olimpico. Scherzando pensavamo che tutta lecce fosse venuta, visti i colori comuni. Per noi è stato come giocare in casa, verrebbe da dire. Dopo 7-8 minuti fecero gol, ma finimmo il primo tempo 3-1 per noi. L'Olimpico ammutolì. Noi continuammo a giocare e non regalammo nulla. Non è che giocammo con il coltello tra i denti ma in maniera libera. Ci dispiacque però per come andò per la Roma, ma il destino ha voluto che finisse così. Noi facemmo davvero di tutto anche per farli pareggiare ma non ci riuscirono".
Quale il tecnico che le ha dato di più?
"Mazzone di sicuro. Era come un padre. Lui voleva il massimo, dovevamo mettere tutto in campo, giocare per la maglia. Ti dava fiducia e non ti metteva pressione. E' un allenatore a cui tutti vogliono bene".
In Messico c'era anche lei con l'Argentina campione del Mondo:
"Segnai un gol decisivo con l'Uruguay? E' vero. Penso che l'Argentina non avrebbe mai vinto se non ci fosse stata una squadra unita e con grande fame. Avevamo Maradona che era l'arma in più, ma non è vero che ha vinto da solo quel Mondiale. Se nn hai una grande squadra dietro non vinci. Maradona però era un trascinatore. Io giocai con l'Argentinos Jr con lui, aveva carattere ed è questo che ha più di Messi. Non mi piacciono però i paragoni, perché sono anche epoche diverse. Però dico che era più forte Maradona, perché aveva carattere, non ti rimproverava mai, ti aiutava sempre. Quando eri in difficoltà lui c'era sempre. Messi è spesso fuori dal gioco e spesso si spegne in certe occasioni".
Che aneddoti ha su Maradona?
"La notte prima della finale si pensa sempre a tutto, io ero in camera con lui e stavamo parlando di quella partita e di quando eravamo ragazzi. Lui però riuscì a dormire. Poi il giorno dopo ci tranquillizzò tutto e ci caricò per quella sfida".