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Sebastiano Siviglia, ex allenatore della Primavera del Lecce, ha rilasciato un’intervista a MondoPrimavera, nella quale ha parlato del passato in giallorosso e delle sue ambizioni per il futuro. LECCE - "È Da marzo che non sono più in attività, da quando è successo il lockdown abbiamo fatto un altro mestiere e non è stato quello che abbiamo fatto prima. Poi si sono conclusi i campionati e da quel momento in poi siamo andati in vacanza definitiva. Ho passato bene questo periodo, è stata un’estate tranquilla, come tutte le altre che abbiamo avuto in passato. Il virus ha condizionato un po’ tutti e tutto, nel corso di questi mesi ha regnato l’incertezza di poter fare certe cose e ci sono stati dei problemi sia a livello lavorativo, sia sulla sicurezza, sia a livello calcistico, ma è bene che queste difficoltà vengano affrontate per poter andare avanti e venirne fuori, bisogna sempre pensare prima alla salute". AMBIZIONI – “Diciamo che dentro di me c’era il desiderio di cominciare un percorso diverso con i grandi, con il calcio degli adulti.C’era da parte mia la volontà di iniziare un percorso nuovo, penso di aver fatto comunque il mio “periodo di addestramento”, sono stato a Terni, alla Lazio, a Nocera e allo stesso Lecce. Avevo voglia di cominciare un percorso nuovo e stimolante con gli adulti, in poche parole di mettermi in gioco in prima persona”. LAVORO – “Il mio operato nel Lecce Primavera? A giudicare non sono io ma sono gli operatori di mercato. Io non giudico ma penso di aver fatto un lavoro ad opera d’arte, di aver fatto, secondo il mio punto di vista, un ottimo lavoro, e se dico ottimo lavoro è un ottimo lavoro, portando dei risultati, perché, anche se la parola chiave delle giovanili è la crescita dei ragazzi, si vanno a vedere sempre le classifiche e le statistiche in termini numerici. Secondo me non si dovrebbero guardare solo le vittorie e le sconfitte, ma anche quanto una squadra riesce a produrre e a realizzare”. DIFFICOLTÀ - Da dicembre fino al lockdown abbiamo accusato molto l’assenza di tutti i migliori giocatori che sono saliti di categoria, ma questo limita molto anche gli allenamenti, perché finché è solo un ragazzo ad allenarsi con i grandi non ci sono problemi, quando poi sono 10 a salire si accusa il colpo: avendo a volte 10, a volte 11, a volte 9 giocatori, si capisce bene che posso solo lavorare o di tecniche/tattiche individuali o dal punto di vista fisico, quando poi devo mettere la squadra in campo trovo difficoltà, e posso fare solo minipossessi o partitelle 5vs5. Ma, ripeto, il nostro obiettivo è quello di far crescere i giovani ed è sempre un onore vedere tanti ragazzi andare su, anche se per sopperire a diversi infortuni. Ci sono comunque stati due esordi, Maselli e Monterisi, e tanti giocatori che sono stati fissi tra le file della prima squadra: mi viene da pensare a Colella, Radicchio, Maselli, Monterisi, Rimoli, Sava, considerati elementi di prospettiva e che, proprio per questo, hanno indebolito la mia squadra. Penso che la mia, tra le varie categorie giovanili, sia stata quella a produrre di più, non guardo i punti ma altro: ad esempio abbiamo fatto circa 60 gol in circa 40 partite, con una media di 2-3 gol a partita, mi ricordo risultati clamorosi ed esaltanti come il 4-3 ad Ascoli, il 4-3 al Crotone, un 5-0, che comunque sono risultati motivanti, anche perché il nostro obiettivo non è mai stato quello di fare risultato ma quello di far crescere i giovani”. CONSIGLI PER I GIOVANI - “È normale che poi bisogna essere bravi nel saper mantenere la categoria, altrimenti poi ci si brucia subito, pochissimi sono pronti, mi viene da pensare al solo Kulusevski: quanti in serie A sono stati capaci di uscire dalla Primavera e fare un campionato di massima serie di livello? Pochissimi. Bisogna saper attendere il proprio tempo e proseguire la propria maturazione che passa inevitabilmente attraverso a delle vittorie e a delle sconfitte. Ho sempre detto ai miei ragazzi che è molto importante saper aspettare, lavorare con dedizione e determinazione ma saper aspettare, non avere fretta di emergere ma avere la giusta attesa, alla fine è nell’interesse di tutti che il ragazzo venga fuori, sia del giovane, sia dell’allenatore, sia della società”.  
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