Corvino: "Risultati figli di tanti record battuti. Stranieri in Primavera? Per necessità"
Unione Sportiva Lecce, intervista a Pantaleo Corvino
Pantaleo Corvino è stato intervistato da La Repubblica.
Si aspettava questo inizio?
“Non siamo certo partiti con l'idea di ritrovarci lassù, ma questi risultati sono figli di tanti record battuti nella passata stagione: ottava difesa della A, età media più bassa. Il tutto con un monte ingaggi lordo da 15 milioni e mezzo”.
È la testimonianza che i soldi non sono tutto?
“I soldi aiutano. C'è un calcio che puoi fare col portafoglio e uno che devi fare con le idee, la creatività”.
Lei ha la fama di scopritore di talenti.
“È un'etichetta che condivido al 50%: c'è sicuramente la mia vocazione verso il settore giovanile con 14 titoli italiani vinti che mi hanno consentito di portare risorse tecniche in prima squadra e plusvalenze. Ma per arrivare dalla terza categoria alla Champions non basta un talent scout”.
Troppi stranieri.
“Non c'è nessuna sindrome di andare a pescare all'estero i giocatori. Qui mancano le potenzialità perchè sono cambiate condizioni e parametri”.
L'Italia non produce più talenti?
“Prima si giocava un solo sport tendenzialmente in mezzo alla strada e c'era più fame. Oggi ci sono diversi sport cresciuti in condizioni migliori del calcio che non ha più strutture e management”.
Perché il Lecce va a caccia di stranieri?
“Per necessità. Perché a qualità degli italiani si è abbassata e per prendere i pochi buoni serve un portafoglio pieno. Io mi industrio e per cercare talenti vado fino a Capo Horn. Non è che a Lecce un italiano bravo non gioca perché ho preso gli stranieri. La verità è che gli italiani bravi finiscono e non puoi essere obbligato a giocare con gli scarti. È un ragionamento che mi fa inorridire, anche perchè i problemi sono altri. Tipo la mancanza di programmazione, strutture, stadi, centri sportivi. La colpa è di molti presidenti che dovrebbero togliere una percentuale fissa del loro fatturato da destinare alla voce investimenti"
Il Lecce lo fa?
“Non siamo ancora pronti. Sono qui da tre anni e con il presidente condivido questa visione. Ha un impegno come me nel destinare appena possibile le risorse per la creazione di un centro sportivo. Dopo una decina d'anni in sala travaglio, il Lecce sta trovando un po' di quiete e piano piano andremo in questa direzione mantenendo le nostre caratteristiche: squadra giovane e monte ingaggi sostenibile”.
I social li frequenta?
“No, ma qualcosa mi viene raccontato. Preferisco bar e piazze: questo mi sembra un mondo di gente finta. Ai giocatori facciamo capire quanto sia importante l'arte del fare e non quella del parlare".