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Sembra uno di quei film cinici di Tarantino, ma non lo è per niente. Quanto sta accadendo in queste ore nel calcio italiano ha contorni surreali: le fredde logiche di calendario, almeno stando alle indiscrezioni, e le presunte pressioni di altri club sembrano avere la meglio perfino di fronte alla morte di un uomo.

Eppure dall'alto cercano di convincerci sempre, come in una campagna elettorale infinita, di quanto il calcio sia del popolo. Alla fine, rimangono solo parole. Parole vuote, perché quando c'è da dimostrare con i fatti la “popolarità” di questo sport, tutto questo castello di parole costruito dai piani alti si svuota di ogni significato.

E allora facciamo giocare il Lecce a sole 48 ore da un lutto importante. Facciamolo viaggiare su e giù per l'Italia con la salma del loro “fratello” ancora distante da casa. Il calcio del popolo che ci raccontano non esiste, ma segue le logiche fredde e ciniche di una posizionamento in Champions o di una permanenza in Serie A.

A pensarlo sono anche certi “tifosi” che popolano i social, parlando di campionati falsati e di scuse millantate dalla società pur di giocare in una data favorevole alla salvezza.

Quello che è successo in queste ore, tra l'altro, è l'effettiva dimostrazione che siamo soli, forse nemmeno graditi, perché tanto siamo una piccola squadra di una piccola città del sud Italia, lontani da tutto e da tutti e che forse, l'anno prossimo, non sarà nemmeno più in Serie A. Lo aveva detto il presidente: “Siamo da soli". E la Lega ha deciso di dimostrarci che le sue parole, corrispondono a verità.

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