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di Tommaso Miceli

Anche quest’anno stiamo assistendo ad un brutto film simile a quello dell’anno scorso: ottimi attori impiegati nei ruoli sbagliati o relegati da protagonisti a comparse. Per realizzare un buon film servono molti ingredienti, e uno sicuramente imprescindibile è quello di scegliere gli attori giusti per le varie parti. Così come Liverani l’anno scorso, anche Corini può beneficiare di una rosa di ottima qualità tecnica, ma le sue scelte orfane di una corretta visione tecnica, hanno ridotto il Lecce ad una squadra incolore che fatica a battere una formazione di livello mediocre come la “Cremo” (così l’ha chiamava il telecronista durante la partita; non sappiamo se era un vezzeggiativo sintomatico di una simpatia per la formazione lombarda, o un abbreviazione causata da pigrizia fonolinguistica).

Per ottenere il meglio dalla propria squadra, a nostro giudizio 3 sono le qualità fondamentali che deve avere un allenatore:

1) Saper individuare i migliori in ciascun ruolo.

2) Disegnare un modulo che ne esalti le caratteristiche.

3) Farli giocare assieme con continuità per migliore sempre di più l’intesa o amalgama che dir si voglia.

Questa semplice ma profonda sapienza del calcio antico è purtroppo andata smarrita in molti allenatori del calcio contemporanei, talmente occupati a studiare transizioni, diagonali, sofisticati moduli di alta ingegneria dinamico-collettiva, da dimenticarsi i principi fondamentali del gioco.

Questi allenatori perennemente urlanti dalle panchine sono come architetti che studiano forme sinuose e avveniristiche per la costruzione di un palazzo, ma hanno dimenticato le regole per costruire delle solide fondamenta.

Corini tiene in panchina un talento come Maselli, contro la “Cremo” ha tenuto in panchina il maggior talento di cui dispone, Mancosu, per mettere al suo posto un sì ottimo calciatore, Anderson, che però non è un trequartista, ma un interno. Ha tenuto in panchina tante partite Henderson, che dovrebbe essere titolare inamovibile (ma da interno, non da trequartista). Tiene in panchina un terzino del calibro di Calderoni per preferirgli prima l’inconcludente Adjapong e poi il trentanovenne Maggio. Ha schierato per tutto il girone d’andata un calciatore evanescente come Spepinski preferendolo – udite! udite! - a un talento del calibro di Falco prima, e poi a Rodriguez ( finalmente titolare con la “Cremo” dopo 3 gol e un rigore procurato in scampoli di partita). Fa giocare con contagocce un talento come Pettinari.

E siamo arrivati al verbo che ci consente di comprendere: “vedere”. Se un allenatore non ha “visione”, cioè visione corretta delle reali qualità dei calciatori nei diversi ruoli, come può ottenere risultati soddisfacenti? Molti di questi allenatori contemporanei che vogliono telecomandare i loro calciatori urlandogli quello che devono fare secondo per secondo, sono come un direttore d’orchestra che mette il violinista a suonare il clarinetto e vicevers, il batterista a suonare l’oboe e viceversa, hanno tre pianisti fra cui scegliere e scelgono il peggiore. Con questi presupposti la sinfonia sarà un sofferenza per le orecchie degli ascoltatori. La sinfonia di questo Lecce potrebbe essere bellissima, ma da mesi continua ad essere una sofferenza per gli occhi dei telespettatori. Speriamo che il presidente prima o poi lo “veda”.

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