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Il 25 luglio, intorno alle ore 21:00, due squadre dei Vigili del Fuoco provenienti dalla sede centrale , insieme al Funzionario reperibile e un supporto con autobotte, sono intervenuti alla casa circondariale di Lecce per domare un incendio sviluppatosi all'interno di un locale ad uso deposito dell‘associazione “Made in carcere”.

Le operazioni di spegnimento


Le operazioni di spegnimento si sono rivelate particolarmente difficili a causa delle alte temperature e del luogo contingentato. L'intervento tempestivo dei Vigili del Fuoco ha consentito di evitare che l'incendio raggiungesse la restante parte della sartoria anch’essa in uso a “Made in carcere”.

Le cause dell'incendio sono ancora in fase di accertamento.

”Made in Carcere”: cosa è

Il marchio “Made in Carcere” nasce nel 2007 grazie a Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa, una cooperativa sociale non a scopo di lucro. Si producono manufatti “diversa(mente) utili”: borse, abiti e accessori, originali e tutti colorati.
Sono prodotti “utili e futili”, confezionati da donne al margine della società: detenute alle quali viene offerto un percorso formativo, con lo scopo di un definitivo reinserimento nella società lavorativa e civile.

 “Made in Carcere” prova ogni giorno a contaminare la società economica e civile, attraverso la promozione e la diffusione del nostro modello di “economia rigenerativa”.

 Un modello di impresa etica basato su principi di rigenerazione e consapevolezza delle persone emarginate, che tutela l’inclusione sociale e riduce l’impatto ambientale, determinando così nel tempo un cambiamento sistemico su tutto il territorio.

Made in carcere

Protagonisti del progetto sono Donne, Uomini e Minori in stato di detenzione, o sottoposti a limitazioni della libertà personale, che quindi vivono in una condizione di disagio e marginalità. Viene offerta loro l’opportunità  di acquisire delle competenze tecniche e professionali, per poi lavorare e percepire un regolare stipendio ma, soprattutto, costruire consapevolezza e dignità.


Cerchiamo, formando e retribuendo il lavoro delle persone detenute, di costruire, dimostrare e validare un nuovo modello di economia sociale di tipo “circolare”, cioè che sia capace di autosostenersi in un regime di libera concorrenza, sostenendo inoltre l’ambiente attraverso il recupero di sfridi e materiale tessile scartato dalle imprese e che diventa materia prima per la lavorazione in carcere, materiale che altrimenti sarebbe trasferito negli inceneritori.

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