Bisogna essere orgogliosi di questo Lecce, e vi spiego perché
IL PENSIERO
Bisogna essere orgogliosi di questo Lecce.
Non tanto e non solo per la classifica, che oggi sorride ai giallorossi. È troppo presto però per affezionarsi alle posizioni e ai numeri, c’è ancora tanto da giocare e soprattutto c’è una pausa che interromperà il campionato e che potrebbe portare a un rimescolamento di valori alla ripresa di gennaio. Bisogna essere orgogliosi di questo Lecce soprattutto per il percorso tracciato e per i frutti del lavoro messo in atto nei mesi scorsi.
La vittoria sulla Sampdoria è arrivata con il timbro di Lorenzo Colombo e di Lameck Banda. Il primo è un classe 2002, centravanti della nazionale italiana under 21, che dopo una prima parte di campionato complicata è riuscito a venir fuori in maniera dirompente nell’ultima settimana. Gol all’Udinese, ottima prestazione contro l’Atalanta, gol e assist di tacco contro la Sampdoria. È italiano ed è il calciatore più giovane ad aver segnato almeno tre reti in questa serie A. Con buona pace di chi non lo reputava all’altezza della situazione dopo alcune uscite poco positive: ricordate, i giovani, prima di giudicarli, vanno visti. E vanno visti per un apprezzabile periodo di tempo, non per un paio di spezzoni di partita.
Banda, invece, è un diamante grezzo. Classe 2001, zambiano, catapultato in serie A dal campionato israeliano, è stato uno degli investimenti più onerosi del mercato estivo. Ma ne è valsa la pena, così come vale la pena aspettare la sua definitiva maturazione. Intanto, ha segnato il suo primo gol in serie A e ha dimostrato di essere cresciuto rispetto alle prime uscite. Meno fumoso, più concreto, ha messo da parte un po’ di esuberanza e ha abbracciato quel pizzico di pragmatismo che fa la differenza a certi livelli.
Colombo e Banda, i due spadaccini che hanno sentenziato la Samp, i due vivi esempi del percorso che ha intrapreso il Lecce. I giallorossi sono la squadra più giovane della serie A, una delle più giovani in Europa. Un progetto entusiasmante, che vuole accompagnare il raggiungimento dei risultati alla valorizzazione e alla crescita del proprio patrimonio tecnico. Un piccolo capolavoro figlio degli sforzi di una società lungimirante e della visione del duo composto da Pantaleo Corvino e Stefano Trinchera. Non c’è nulla di più bello che vedere sbocciare il talento, vederlo crescere partita dopo partita e apprezzato sempre più anche a livello nazionale. E’ difficile non provare un forte senso di orgoglio, ad esempio, nel vedere tutta l’Italia parlare di quel Morten Hjulmand che dall’esordio in giallorosso contro l’Empoli in serie B nel gennaio del 2021 è diventato col passare dei mesi uno dei prospetti più interessanti della massima serie italiana.
Ciò che piace di questo Lecce, ciò che entusiasma i tifosi è lo spirito della squadra. La consapevolezza che la salvezza è un traguardo difficilissimo da raggiungere, ma che si può tagliare solo in un modo: lottando, ogni singolo minuto, su ogni singolo pallone. Correndo più degli avversari, picchiando duro all’occorrenza, alternando la sciabola e il fioretto. Ciò che il Lecce può e deve essere si è visto nelle ultime tre partite giocate nell’arco di sette giorni. Contro Udinese, Atalanta e Sampdoria si è vista una squadra ben messa in campo, corta, aggressiva, che cerca la pressione alta per conquistare il pallone quanto più possibile vicino alla porta avversaria. Prendete il gol che ha sbloccato la partita contro la Sampdoria. Lo sciagurato retropassaggio di tacco di Villar non è quello che nel tennis si definirebbe errore gratuito, ma è figlio della pressione e dell’atteggiamento della squadra salentina. Guardando il fermo immagine prima del tocco del giocatore doriano, si contano ben sei giocatori del Lecce raccolti in fazzoletto, mentre circondano il portatore di palla avversario. È una questione di mentalità: non bisogna solo praticare il proprio calcio, bisogna essere abili a sporcare il calcio altrui.
Va dato grande merito per i risultati ottenuti a Marco Baroni. Per il modo in cui ha sempre tenuto saldo il timone e per come è uscito dai momenti di difficoltà, apportando i giusti accorgimenti per invertire la rotta. È evidente che il Lecce visto nell’ultimo trittico non è la stessa squadra vista contro la Juventus, il Bologna o nel secondo tempo contro la Fiorentina. È cambiato l’atteggiamento, ci si è scrollati di dosso il macigno derivante dal timore di perdere, e la squadra ha ricominciato a galoppare. La squadra non si è fatta più schiacciare dalla paura, l’ha abbracciata tramutandola in coraggio. E la mentalità sul campo è cambiata drasticamente. Da buon alchimista, Baroni ha saputo ottimizzare al meglio le risorse a sua disposizione.
Ha saputo valorizzare tutti, mettendo ciascuno nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Giocatori che nella prima parte di stagione si erano visti meno rispetto ad altri sono stati rilanciati e hanno improvvisamente dimostrato tutto il loro valore, dando un notevole contributo alla causa. È il caso di Colombo, di cui si è detto, ma anche di Federico Di Francesco. E due parole vanno spese su Alexis Blin, che è poco appariscente, ma non per questo meno importante rispetto ad altri elementi della rosa. Lo switch nei risultati è arrivato anche quando lui ha iniziato a trovare posto in pianta stabile nell’undici iniziale Nelle cinque partite in cui ha giocato titolare in mezzo al campo il Lecce ha conquistato otto punti. Numbers don’t lie. Del suo lavoro di copertura sulla linea mediana ne beneficia ovviamente anche Hjulmand, cresciuto esponenzialmente nelle ultime uscite.
Insomma, il pasticciotto meccanico di Baroni (ci sia concessa la goliardica similitudine raffigurativa/gastronomica con l’arancia meccanica olandese degli anni ’70) prende forma e regala sempre più soddisfazioni al popolo giallorosso. A tal proposito: vedere quello spicchio gremito del Marassi festeggiare con Hjulmand e compagni nel post-partita è stato veramente emozionante. Gente da ogni parte d’Italia, che porta nello stadio tutta la propria passione e l’attaccamento per i colori, e vive novanta minuti col fiato sospeso nel desiderio di vedere il pallone dare lo schiaffo alla rete. Il tifo leccese è un fattore, un fattore molto importante nella corsa salvezza. Soprattutto nei momenti più complicati può e deve dare quel sostegno necessario per superare tutte le asperità, anche quelle più ripide.
Ora però bisogna premere il tasto pausa. Due settimane di totale relax, poi la squadra si ritroverà nuovamente e riprenderà a lavorare in vista del 4 gennaio, quando si riaccenderanno i riflettori del Via del Mare per Lecce-Lazio. L’obiettivo? Ripartire da dove ci eravamo lasciati. Con l’orgoglio e la consapevolezza di esserci e di potersela giocare contro chiunque.