Torna a parlare Fabio Liverani: l'intervista completa ai microfoni di PL
La prima intervista dopo l'addio di due anni e mezzo fa
Nell'agosto del 2020 le strade del Lecce e di Fabio Liverani si sono divise in seguito a due incredibili promozioni e ad una dolorosa retrocessione. A quasi 3 anni dall'addio, torna a parlare dei colori giallorossi un allenatore che ha fatto la storia di questo club e lo fa ai microfoni di PianetaLecce.
Il tutto in diretta su Twitch, rispondendo alle domande dei tifosi (CLICCA QUI PER RIVEDERE LA PUNTATA).
Cosa ne pensa di questo Lecce?
“Credo che il progetto sia molto buono e positivo. La strada è stata tracciata dalla proprietà ed è giusta, vera e senza voli pindarici. La società ha riunito sin da subito l'ambiente e quando si fa questo si è avvantaggiati. Il Lecce ha la sua identità che mantiene bene, con entusiasmo. Incrociando le dita, credo che in ottica salvezza si sia a buon punto. Sarebbe un miracolo, solo complimenti da parte mia”.
Avrebbe mai immaginato il percorso trionfale quando ha accettato la panchina del Lecce?
“Assolutamente no, nemmeno nei sogni più irrealistici. Questa storia è nata giorno dopo giorno, mi ha legato per tutta la vita. Ricordo ancora la prima trasferta a Catanzaro: segnammo il primo gol coi tifosi che ancora dovevano arrivare nel settore, poi Lepore fece una corsa di 70 metri e arrivò il nostro tifo. Non ero abituato a questo. Una volta entrato nella realtà, ho capito i valori della gente e cosa significasse la C, un inferno. Il mio lavoro più difficile a Lecce è stato vincere la C”.
Cambierebbe qualcosa dal giorno della retrocessione in poi?
"Sono cose della vita. Abbiamo fatto 2 anni stratosferici. Nel terzo meritavamo la salvezza, il COVID ci diede grossissime difficoltà. Retrocedemmo con 35 punti perdendo l'ultima partita che non aveva senso. L'ultima stagione fu difficile, complessa. Finì ad agosto e dentro di me c'erano tante situazioni: rimanere a vita a Lecce, paura di aver finito un ciclo… non ho avuto tanto tempo, la stagione ripartiva subito. Non è mai cambiato il pensiero che avevo e ho di Lecce. Può sembrare semplice oggi tornare indietro, tenendo presente le difficoltà a Parma, ma forse quanto avvenuto è stato il meglio per tutti.
Oggi parlo con voi, non parlavo da quasi 3 anni. Per rispetto dell'amore che ho ricevuto e ho cercato di contraccambiare. Resterà per sempre la squadra del mio cuore da allenatore, fermo restando che non c'è la certezza che restando avrei fatto meglio del percorso che effettivamente ha avuto il Lecce".
Cosa è successo effettivamente?
"Lo dico senza problemi, è passato tanto tempo. In B firmai un triennale: fu un attestato di stima importantissimo della società, fu un triennale da altra categoria. Dopo la retrocessione ho avuto la percezione di non poter più essere il Liverani che ero stato fino a quel momento. La retrocessione mi aveva svuotato dentro. Arrivò il Parma, ma avrei potuto anche rifiutarlo: era un momento molto positivo della mia carriera. Sicuramente il tempo stretto (10 giorni da una stagione all'altra) non ha aiutato.
Non ho avuto la forza di continuare. Ho fatto tanta fatica a livello umano, ho rischiato di rovinare rapporti umani importantissimi, creati in 3 anni. Ero svuotato dentro".
Cosa è successo post COVID?
“Non era un problema di gambe, siamo ripartiti male e poi abbiamo recuperato. Nel periodo della ripartenza abbiamo perso troppi giocatori. Rossettini addirittura per l'infezione da puntura di zanzara. Farias perchè era morto a livello mentale. Babacar morto tra mentale e ramadan. Barak e Saponara avevano avuto dei problemi. Deiola si operò al ginocchio e tornò zoppo. Parliamo di giocatori importanti. Abbiamo pagato questo, perchè a differenza delle altre perdendo 6 giocatori non avevamo la forza di sopperire a quelle assenze. Il COVID ha toccato qualcuno a livello mentale: attacchi di panico, ansia… i giocatori sono persone. Qualcuno ha fatto fatica a ritrovarsi".
In tanti non si sono mai imposti: Vera, Shakhov, Imbula, Benzar… a posteriori che ne pensa dell'organico di quella stagione?
“Fino a gennaio avevamo grandissimi limiti, abbiamo cercato di tirare al massimo tutti. Purtroppo quando si fa, si può anche sbagliare. Abbiamo cercato di recuperare a gennaio con un mercato intelligente, che ci ha permesso di ripartire. Sicuramente fino a gennaio eravamo in difficoltà a livello di rosa”.
Quanto ha influito il risultato del Genoa su Lecce-Parma?
“Purtroppo avevamo un po' il sentore e a fine primo tempo lo 3-0 ci ha distrutti. Se fosse stata una partita vera, avremmo chiuso il campionato a 38 punti”.
Qual è stato il momento più alto e quello più basso?
"Siamo riusciti a gestire benissimo il dopo Siracusa. Era un momento estremamente difficile: squadra impaurita e tifosi abbastanza imbestialiti, convinti che il Catania avrebbe vinto la partita di recupero. Io credevo nella squadra, così decidemmo col Lecce di andare in ritiro a Roma: fu il momento più difficile.
Il momento più alto sicuramente la vittoria a Napoli con un gol dopo due minuti di possesso palla.
Lecce-Brescia… Tabanelli è stato un giocatore eccezionale, sia dentro che fuori dal campo. Si vedeva già dal primo giorno di ritiro, dal modo in cui si presentò. Sono giocatori che mi dispiace si siano un po' persi. A Lecce c'era magia: non eravamo la squadra più forte, eravamo il gruppo più forte".
Ci parli della cavalcata verso la seconda promozione.
“Dopo il trittico di vittorie casalinghe potevo anche smettere di allenare: andavano da soli, in automatico. Andare al campo era solo un piacere per guardarli, avevano il pilota automatico”.
Quali erano i giocatori chiave a livello mentale?
"Nella C Lepore, Cosenza, Arrigoni e Mancosu. Arrigoni è stato molto importante anche in B, dove furono determinanti Lucioni, Mancosu e Tachtsidis.
Il rapporto con Cosenza in B? Al di fuori del campo, un ottimo rapporto. In campo, sono dovuto essere sincero: una volta presi Lucioni e Meccariello, non era semplice accettare il ruolo da comprimario. Da ragazzo intelligente si è preso un'altra soddisfazione".
Si ritiene un offensivista?
"Credo di no. Abbiamo vinto la C e la B con se non la prima, la seconda o terza miglior difesa. In A bisogna giocare e avere giocatori ben strutturati fisicamente. Una linea con Calderoni, Lucioni, Meccariello e Benzar-Rispoli è normale faccia fatica alla prima stagione in A.
Io sono un allenatore che vuole giocare, non vuole semplicemente sfruttare gli errori degli altri. Lavoravamo anche sulla fase difensiva".
Cosa ne pensa di Gonzalez, Hjulmand e Strefezza?
"Hjulmand è straordinario per età, personalità e fisicità. Magari qualche gol ci vuole per fare il salto di qualità. Vedevo già in B caratteristiche importanti. Gonzalez mi piace: gamba, coraggio e fisicità.
Il Lecce è organizzato e strutturato, se la può giocare nell'1vs1.
Strefezza è importante, fa la differenza. Il Lecce ha bisogno di 2-3 giocatori che facciano la differenza".
Chi le poteva servire di questo Lecce? Chi potrebbe servire a Baroni del suo Lecce?
“Baschirotto e Umtiti mi potevano servire. Dal mio Lecce, credo Saponara e Barak”
Ci sono similitudini tra il suo Lecce e quello di Baroni?
“No. Il mio Lecce era costituito con giocatori già avanti con l'età, una squadra costruita sulla voglia di rivalsa. Questo Lecce è più fresco, Baroni sta facendo un grande lavoro".
Crede questo Lecce possa cambiare assetto?
“Può, ma credo che ci perderebbe".
Qual è il suo rapporto con Sticchi Damiani, Corvino e Palaia?
“Senza entrare nei nomi: con qualcuno abbastanza buono, con qualcuno non c'è grande rapporto. Questo vale in generale nel calcio: non si può restare in grandi rapporti, assidui, con tutti”.
Cosa ricorda di Lecce-Livorno 3-2?
“Le pareti sono un po' crollate. Arrigoni, che aveva sofferto per il poco utilizzo, fu cruciale”.
Tornerebbe mai a Lecce?
"Mi crea imbarazzo questa domanda oggi perchè tutti stanno facendo benissimo a Lecce.
Non è domani, tra un anno, tra tre anni, ma è evidente che Lecce avrà sempre per me un posto particolare. Non voglio creare aspettative, ma non potrei mai dire no".
Si sarebbe immaginato una carriera diversa per qualche trascinatore di quel Lecce?
“Non te lo so dire, certamente i dati dicono che in pochi fanno la Serie A o la B ad alto livello. Per me erano tutti dei figli, l'oggettività ci dice altro. Il difficile non è arrivare, ma mantenersi a certi livelli”.
Perché accettò Lecce?
“Sono passati tanti anni, posso dirlo. Venivo dal miracolo di Terni e quando mi chiamò il Lecce, il primo incontro non andò benissimo. Poi il presidente decise di incontrarmi di nuovo, andai per rispetto. Il secondo appuntamento mi trasmise tanto. Fu un rischio: venivo da una salvezza in B, dovevo scendere in C e il Catania aveva una grande squadra. La società Lecce però ha avuto un valore importante”.
Cosa è mancato a Parma e Cagliari?
"Situazioni totalmente diverse. A Parma, 15 giorni dopo il mio arrivo, cambiò società e cambiò davvero tutto. In fin dei conti, probabilmente non sono stato io il problema.
Sono dispiaciuto per Cagliari, sono rimasto in buoni rapporti col presidente, c'è grande serenità. Dopo una retrocessione non è facile: c'è chi non sa se parte o resta… si può venire a creare confusione. C'è stata anche sfortuna, a differenza di Parma: potevamo avere 5-6 punti in più, abbiamo sbagliato rigori e perso punti al 96esimo. 5-6 punti potevano dare qualcosina in più in una squadra che si stava ricostruendo".
Ci vede Baschirotto e Strefezza in nazionale?
“Baschirotto sta facendo qualcosa di importante, ma ha bisogno di qualche conferma in più. Pensiamo che fuori c'è anche Casale. Baschirotto con continuità può arrivarci. Strefezza ha qualità per giocare in azzurro”.
Intravedeva qualcosa in Gallo?
“Per mentalità ed educazione aveva dato segnali e col lavoro è arrivato. Aveva voglia di imparare e crescere”.
Che ne pensa della coppia Ceesay-Colombo?
“Stanno facendo il loro per quello che è il campionato del Lecce. Ci si dimentica che il Lecce è sempre fuori dalla zona rossa e se dovesse arrivare all'obiettivo farebbe qualcosa di unico, straordinario. Il Lecce non ha un euro di debito, anzi… probabilmente farà plusvalenze. Questo è un orgoglio. È chiaro che tutti vorrebbero Haaland, ma bisogna essere felici con ciò che si ha”.
Ci racconta un aneddoto divertente?
“In B, quando Tabanelli faceva 2-3 partite di alto livello, ci allarmavamo. Riusciva a farsi male senza fare nulla. Un mercoledì mattina andiamo in palestra e mettiamo un canestro come passatempo tra un esercizio e un altro. Ad un certo punto vedo che prende il pallone e rimane piegato. Credevo scherzasse: colpo della strega, 15 giorni di infortunio senza fare nulla”.
Ci parli del suo futuro.
“Mi hanno chiesto qualcosina, ma credo di fare con calma. Non vorrei un ambiente ostico, gradirei una linea che si avvicini a me. Con serenità arriverà”.
Che ne pensa di Corvino?
“Senza ombra di dubbio un direttore sportivo come si deve. L'ho avuto da giocatore e ci siamo sfiorati nella esperienza da allenatore. La sua storia parla chiaro: è uno dei migliori”.
Che messaggio manda ai tifosi?
“Non posso dire nulla: con me sono stati straordinari. Se ho ferito qualcuno l'ho fatto per grande amore e mi dispiace. Ho sempre avuto un pensiero per il Lecce e tifo Lecce. Spero che col tempo anche le poche persone rimaste male capiscano quanto avvenuto. Mi auguro possano perdonarmi, non volevo ferire nessuno".