Chevanton si racconta: "Volevo finire qui la carriera ma non me lo hanno fatto fare"
La leggenda del Lecce ha raccontato retroscena del suo passato e non solo
Javier Ernesto Chevanton, oggi allenatore in seconda del Lecce Primavera, ha parlato ai microfoni di GoalCar, come riportato da TMW.
E' amatissimo a Lecce, dove ha fatto la storia:
"In Serie A sono quello che ha fatto più gol".
Nel 2001 sei arrivato a Lecce:
"Avevo 20 anni, ero in Uruguay, mentre facevo la Copa America fui contattato per venire in Italia. Mi hanno voluto tutti bene dal primo giorno che sono arrivato. Giacomazzi arrivò con me e ci dissero subito del calore del pubblico. Amo questa città. Mentre ero in Copa America mi arrivò questa proposta, non conoscevo la piazza ma accettai. Arrivato a Milano, arrivai con un vestito blu elegante, visto che è il Paese della moda. Feci 24 ore con questo vestito, che a dire la verità era orribile. Arrivai a Cavalese, in ritiro, e mi guardavano tutti. Comincia veramente male (ride, ndr). All'epoca l'allenatore era Cavasin, ma l'ho avuto davvero poco perché fu esonerato dopo sei mesi".
Arrivò Delio Rossi:
"Ho fatto tanti gol con lui ed è stato molto importante per me, mi ha coccolato, ho un'amicizia speciale".
Come è stato l'impatto con Lecce?
"Parlavo poco italiano, per fortuna c'era Giacomazzi con me. Pensavamo di uscire tranquilli in città, perché non ci conosceva nessuno, invece non è stato così...prima dell'esordio non stavo bene, avevo un po' paura, ma al presidente dissi di no in maniera spavalda quasi. E col Parma feci gol dopo un paio di minuti, fu una cosa incredibile. Lì sono subito entrato in sintonia con i tifosi".
Un esordio quindi col botto:
"Il primo anno feci dieci gol, quando il calcio italiano era ancora al top. Al secondo anno giochiamo in B, avevo la possibilità di andarmene ma con il procuratore decidemmo di rimanere, perché dovevo crescere ancora e poi volevo riportare la squadra in A. Vincemmo il campionato e tornato in A feci tanti gol, battendo ogni record".
Ed è diventato il marito della figlia di Pasquale Bruno:
"Ci siamo conosciuti per caso con Sandra, non sapevo neanche chi fosse il padre. Poi mi hanno detto che era un ex calciatore, il suo soprannome. Poi mi ha raccontato la sua vita calcistica".
Ha preso come lui una squalifica record di cinque giornate:
"Nel 2010 contro la Samp. Era un periodo complicato, ero tornato da Siviglia perché ero affezionato al club. Mi mancava Lecce, già ai tempi in cui ero andato al Monaco, ogni volta che tornavo pensavo già a quanto tempo mi rimaneva prima di andare via. Quando tornai nel 2010 c'era De Canio, non mi trovai bene perché forse soffriva che la gente mi voleva tanto bene. Mi fece dei dispetti che ho sofferto, ma sono stato bravo a non mollare mai. Fui ripagato poi con due partite a Napoli e a Parma con dei gol speciali che ci hanno dato la salvezza. Contro la Samp me la presi con Marilungo, gli diedi un calcio e arrivò la squalifica".
Chi ti cercò?
"Il Palermo, ma anche l'Inter, che mi avrebbe però girato in prestito alla Fiorentina. Ma lì avrei dovuto dimostrare tanto, visti i grandi bomber che hanno avuto".
Al Monaco come è stato?
"Bene, era un campionato più fisico però e gli arbitri non ti proteggevano molto. Mi ritrovai con Vieri, ma gli dissi che mi stava antipatico una volta, a pelle. Invece mi sono ricreduto, è un fenomeno, un ragazzo speciale".
Sarebbe andato alla Juventus?
"Non ci sarei mai andato, come a Bari. Ho avuto una proposta dal Taranto ma ho rifiutato".
Tornò al Lecce in Serie C:
"Mi trovai malissimo con la nuova società, si comportarono malissimo. Non c'era professionalità. Ma non mi sono mai pentito di Lecce, non lo avrei mai fatto. Lerda poi non mi parlava, lo faceva solo per chiedermi di parlare con dei giocatori per convincerli a rimanere col club in Serie C. All'epoca prendevo il minimo, 900 euro e ne spendevo 1200 per l'affitto (ride, ndr). Pensa l'affetto che ho per Lecce. Avrei giocato gratis, il sogno era finire la carriera qui ma non me lo hanno fatto fare".