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Pacato e riflessivo, ma al tempo stesso dotato di carisma e leadership. Eugenio Corini ha portato in panchina le doti che lo hanno contraddistinto sul campo da gioco. Con gli scarpini allacciati è stato attento regista e autorevole capitano, da allenatore ha saputo emergere con il proprio stile e con le proprie idee di gioco. Verrebbe da chiamarlo “The Normal One”, per il modo in cui si destreggia, mai sopra le righe, in un mondo non facile come quello del calcio. Non è un integralista, tantomeno un filosofo del gioco, è un tecnico che valorizza il capitale umano a sua disposizione e si adopera per mettere i suoi giocatori nelle condizioni di poter rendere al meglio sul terreno di gioco. Il suo modulo prediletto è un 4-3-1-2, orientato all’intensità e al gioco verticale. Elementi chiave del suo schema sono i terzini e le mezzali: in quelle zone del campo, sotto la guida di Corini, hanno saputo esaltarsi giocatori di grande gamba, abili nelle due fasi, che alla quantità sanno abbinare la qualità palla al piede. Uno dei perni del gioco offensivo è poi il trequartista, elemento fondamentale nel gioco di Corini. Il trequartista nella concezione del tecnico bresciano è quel giocatore capace di svariare sul fronte d’attacco, muovendosi fra le linee ma prediligendo le vie centrali. La finalizzazione è poi lasciata all’iniziativa e al dialogo fra le due punte. I fraseggi di Torregrossa e Donnarumma nel suo Brescia, in tal senso, hanno fatto scuola. Corini, nel corso della sua carriera da allenatore, ha dimostrato di avere spalle larghe e senso di responsabilità. A cinquant’anni da poco compiuti ha un palmares di tutto rispetto, con due salvezze in serie A da subentrato sulla panchina del Chievo e con una vittoria del campionato di serie B con il Brescia. Un’impresa, quest’ultima, che ha permesso a Corini di tornare alla ribalta delle cronache nazionali, dopo alcune esperienze deludenti. Una vittoria non semplice, per lui che da bresciano doc sentiva ancor più sulle spalle il peso di dover far bene sulla panchina delle rondinelle. E se è vero che quel Brescia era una Ferrari, per usare una metafora motoristica, ovvero una signora squadra per la categoria, con diversi degli elementi protagonisti di quella cavalcata che ora fanno gola a club di serie A, è altrettanto vero che bisognava avere il polso e il manico per saperla guidare. Corini ha saputo dimostrare di non peccare in tal senso. In più c’è un aspetto che rende il profilo di Corini ideale per il nuovo ciclo del Lecce. Un ciclo all’insegna della patrimonializzazione e della valorizzazione dei giovani, come ha rimarcato Pantaleo Corvino nella sua conferenza stampa di presentazione come nuovo responsabile dell’area tecnica dei giallorossi. Soprattutto nella sua ultima esperienza al Brescia, “il Genio” come veniva soprannominato da calciatore, ha saputo lanciare e valorizzare al meglio il patrimonio tecnico dei giovani a sua disposizione. Un nome su tutti è chiaramente quello di Sandro Tonali, che già prima dell’arrivo di Corini aveva dimostrato di essere un wonderboy, ma che grazie alle indicazioni del tecnico bresciano ha saputo implementare il suo bagaglio tecnico e migliorare sotto tutti i punti di vista. Senza dimenticare il difensore classe '97 Andrea Cistana, lanciato da Corini in serie B e confermato anche in serie A, che lo scorso novembre ha ottenuto anche la sua prima convocazione nella nazionale italiana. Infine, un’ultima considerazione, tutt’altro che irrilevante: Corini è un vincente. Ha vinto un campionato di serie B, conosce la categoria, e ha dimostrato di sapersi far apprezzare anche nella massima serie. Non è una scommessa e non arriva al Lecce per cercare il rilancio, al contrario. Lui e il Lecce hanno un obiettivo in comune: consolidarsi e continuare a mietere successi. Solo il tempo e soprattutto il campo sapranno dire se gli auspici saranno realizzati.
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